In questo inizio di stagione si è parlato molto della doppia fase di Matteo Politano, di fatto un vero e proprio esterno a tutta fascia. L'apporto dell'ex Inter nella metà campo difensiva è innegabile, seppur c'è un'importante riflessione da fare sulla "nuova veste" del calciatore.
"Nuovo ruolo? Io provo a fare tutto ciò che mi chiede il mister in campo, anche in fase difensiva, poi magari quando sono stanco gli chiedo il cambio”.
Queste le parole di Politano a Dazn dopo Napoli-Atalanta. Affermazioni che nascondo un grande interrogativo: vale la pena sacrificare così tanto l'attaccante? Innegabile che il suo compito sia quello di portare equilibrio in mezzo al campo nelle due fasi, ma è anche vero che i suoi spunti offensivi siano ridotti al contagocce da quando Conte gli chiede un atteggiamento tattico diverso. Politano è spesso costretto ad inseguire l'avversario ed indietreggiare, spendendo tante risorse che poi non sempre gli garantiscono lucidità nella metà campo offensiva: una scelta, per quanto complessa, che sta lentamente mutando il ruolo originale dell'attaccante romano.
Se nell'immediato i risultati difensivi si sono visti, c'è il rovescio della medaglia: poca pericolosità offensiva e meno imprevedibilità quando Lukaku e Kvaratskhelia sono arginati dalle difese avversarie. Contro l'Atalanta è entrato Ngonge al suo posto, con praticamente zero compiti difensivi: il belga è stato sicuramente più pericoloso dello stesso Politano e questo deve far riflettere non poco. Il gioco vale la candela? In difesa si, ma in attacco?