Il giorno dopo Napoli â Milan. Câera una volta, appena qualche mese addietro e non certo decine di lustri fa, una squadra, il Napoli che, pronti via, sia in casa che in trasferta, andava a mordere pallone ed avversari fino ai sedici metri. Con gamba, organizzazione nel pressing e soprattutto con coraggio e consapevolezza che in questa maniera avrebbe se non altro intimorito gli avversari. Conosceva a memoria lo spartito. Sapeva quando doveva immediatamente verticalizzare e quando invece bisognava ricominciare. Ebbene, quella squadra, malgrado i componenti siano quasi tutti gli stessi, non esiste più.
 Il giorno dopo Napoli â Milan. Ora è diverso. Si inizia sempre timorosi, con il freno a mano tirato. Si inizia ancora con quella fase, ormai superata da decenni nel calcio moderno, di studio. E mentre il Napoli studia, gli avversari, prendono campo e coraggio. Eâ accaduto anche ieri sera. Rossoneri reduci da due importanti sconfitte consecutive, hanno ritrovato coraggio anche e soprattutto grazie alle paure degli azzurri che erano reduci da due vittorie e che, sulle ali dellâentusiasmo e trascinati da un Maradona stracolmo, la gara lâavrebbero dovuta fare dal primo minuto.
 Il giorno dopo Napoli â Milan. Impauriti e terrorizzati dal poter lasciare profondità a Leo, si è pensato bene â un eufemismo ovviamente -, di abbassarsi tanto, troppo. Risultato, rossoneri padroni del campo, due traversoni, lenti, uno quasi dalla trequarti, non certo cross forti e tagliati, sono bastati a Giroud per tornare al goal dopo otto gare di digiuno. Sul primo Rrahmani se lo perde e per completare lâopera, Meret se la butta in porta. Sul secondo, cross nellâarea del portiere, ancora Meret e Rrahmani protagonisti. Entrambi pigri. Il primo non esce, il secondo non salta.
 Il giorno dopo Napoli â Milan. Allâintervallo sotto di due, e zero personalità . Ancor meno idee di un calcio propositivo. Palla a Rrahmani, lancio lungo, manco ci fosse ancora il Pampa Sosa. Nella ripresa, complice anche lâingresso di forze fresche, perso per perso, la squadra si alza di 35/40 metri. Nel giro di una dozzina di minuti, con due magie, gli azzurri riacciuffano il pari. Torna lâentusiasmo. Lo stadio spinge. Sogna una rimonta storica o quasi. I giocatori ci credono. Ma lui no. A lui il pari lo soddisfa. Tira fuori lâunico faro illuminante del centrocampo, Zielinski e infila dentro Anguissa e lo sistema davanti alla difesa, stile Bakayoko dei tempi fortunatamente andati. Câè un pari da difendere. Follia. Ma non contento. Fuori anche Politano e dentro, un terzino. Si, avete letto bene, un terzino schierato allâala. Classico cambio poco coraggioso. E in panca, le alternative dâattacco câerano. Nel finale Kvaratskhelia rischia di far venir giù il Maradona. Sarebbe stato bellissimo. Pubblico e squadra se la sarebbero meritata una notte così. Lui un pochino meno. Troppo pavido per guidare un organico che quando si libera da arcaici dettami tattici, gioca, segna e si diverte.
 Stefano Napolitano