Inter-Udinese, sabato sera, è stata la prima partita della storia della Serie A che ha visto in campo dall'inizio ventidue giocatori stranieri e nemmeno un italiano. Perchè? Lo prova a spiegare Mario Sconcerti dalle pagine del Corriere della Sera: "Perché in sostanza non ci sono più giocatori italiani? Le ragioni sono molte:
1 - Quando vincemmo il Mondiale nel 2006 eravamo già una squadra vecchia, da allora non è nato più niente. La prima causa arriva dalla fine delle società che facevano da vivaio per tutti, le buone provinciali in genere che si mantenevano in A facendo scuola e vendendo i loro ragazzi migliori: con l’arrivo dei diritti televisivi, avere molti giovani significa rischiare in classifica, il vero risultato è rimanere in A e accedere ai finanziamenti della tv.
2 - I giocatori italiani costano spesso di più perché sono scelti su un mercato stretto a una ventina di elementi. Mandragora, Grassi, per non parlare di Zaza o Berardi, Romagnoli o Bertolacci, hanno prezzi impensabili in un normale mercato mondiale fatto di migliaia di giocatori. Gerson, brasiliano preso a gennaio dalla Roma, è forse il miglior progetto al mondo. È stato pagato tantissimo, ma meno di Bertolacci, Berardi e di altri. Vecino è costato un terzo di Grassi, Badelj la metà.
3 - Manca per i giovani una selezione alla base. Il campionato Primavera è inutile. La conseguenza è che si portano al professionismo (18 anni) ragazzi ancora immaturi, molti falliscono anche le prime stagioni in B o Lega Pro.
4 - L’emigrazione dei migliori allenatori italiani verso l’estero (Mancini, Lippi, Capello, Prandelli, Guidolin, Ranieri, Spalletti, Conte, perfino Trapattoni e Ulivieri) ha indebolito l’insegnamento del nostro calcio di base portando nuove generazioni di tecnici giovani a preferire altre idee. Il risultato è stato normalizzarsi. Siamo in una fase di mezzo che non aiuta a crescere nessuno.
5 - Le scuole calcio hanno tolto i bambini dalle strade. Questo è un vantaggio per le madri, ma un danno profondo per il calcio. Nella strada, negli oratori, nelle periferie, giocavano i migliori, erano scelti dai loro stessi compagni, vigeva una democrazia del merito. Nelle scuole calcio giocano per anni tutti perché tutti ogni anno pagano l’iscrizione. Di fatto si è cancellata la qualità individuale e si è parcellizzato il divertimento".