Scrive Mario Sconcerti nel suo editoriale per Il Corriere della Sera: "La partita col Porto non c’è stata, la differenza è stata sempre sufficiente a spegnerla. Quello del Porto sembra oggi un vecchio calcio pieno zeppo di mezze punte. La mancanza di un riferimento in attacco, quello che sembrava un rimedio moderno due anni fa, oggi appare archeologia perché non c’è più Messi a interpretarlo. Per la Juve una prova di nervi, non tanto di più. Questo racconta anche la nuova dimensione raggiunta. La Juve fa addirittura turn over in Champions (Marchisio, Pjaca, Dani Alves, lo stesso Benatia), Allegri è completamente padrone della propria rosa. Ed è adesso fra le prime otto in Europa, un risultato non molto semplice da raggiungere nel nostro calcio negli ultimi anni. L’impressione è di una Champions che ridistribuisce, con una piccola vena socialista, ha esaurito le certezze. Non c’è una squadra davvero favorita. Il Barcellona ha fatto una grande rimonta perché aveva subito una grande sconfitta. Qual è la verità? Mancano le vere squadre inglesi, lo stesso City non è certezza di niente in questa stagione. E anche quando siamo stanchi di favole è rimasto il Leicester. È come se il grande calcio si fosse preso un tempo di pausa. Siamo alla fine del vecchio gioco basato sul possesso palla senza però aver trovato qualcosa che lo sostituisca. La finale corretta è Juve-Real, sono le due squadre migliori, quelle che hanno più equilibrio fra giocatori e realismo. Attori come Dybala non ce ne sono in Europa. Higuain ha un solo paragone, con Suarez. Lo stesso Ronaldo mi sembra indietro rispetto a questi. È un’Europa di tutti uguali, oggi si fa fatica anche ad essere ricchi perché manca chi acquistare. In questo scenario è cambiato il ruolo della Juve. La squadra è cresciuta molto, altrettanto hanno rallentato gli altri. Oggi è forse la migliore. Ha solo bisogno dell’ultima fortuna, quella dei vincitori".