Sguardo vispo. E sveglio. Tipicamente Sarri. Anche in quella foto. Eccolo lì, il terzo da sinistra nella fila più in alto. Sotto di lui (il terzo partendo da sinistra) un altro che, da Figline, ne ha fatta di strada. Uno allenatore e l’altro (David Ermini) parlamentare. Responsabile giustizia nel Pd, ed eletto alla Camera anche nell’ultimo giro elettorale. Entrambi, son partiti da lì. Figline Valdarno, scuola elementare Raffaello Lambruschini. Anno scolastico ‘65/’66. Prima elementare. Maestro: Riccardo Pratellesi. E pensare che oggi a Castelvolturno, Sarri, lo chiamano proprio così: ‘o maestro. «Era uno dei più bravi anche a scuola — racconta Ermini — per non dire il più bravo, dotato di intelligenza straordinaria». Eppure, gli piaceva distrarsi. Come? Col pallone, s’intende. «Era seduto al banco dietro di me, e sul quaderno di matematica disegnava formazioni su formazioni». Roba (quasi) normale per un bambino di quell’età. «Lo facevo anch’io — prosegue Ermini — solo che lui scarabocchiava le marcature. Il 3 sul 7, il 2 sull’11, il 5 sul 9».
Ecco. Questo, per un piccolo di sei anni, tanto normale non è. Così come la sua fede. Il Napoli. «Ho sempre pensato che uno debba tifare per la squadra della città dove è nato», ha raccontato più volte Sarri. E lui, quindi, doveva tifare Napoli. Punto. E pazienza se, da quelle parti, ci è nato quasi per caso. Ma Maurizio è fatto così. Se è convinto di una cosa, non ammette compromessi. «E noi lo sfottevamo — racconta ridendo il deputato Pd — perché era l’unico tifoso azzurro. Io, ad esempio, mi innamorai dell’Inter». Tutto il contrario del credo sarriano. Un figlinese tifoso nerazzurro. «Colpa del mio babbo. Lui era interista, e lui mi portò al Franchi a vedere la prima partita dal vivo. Fiorentina-Inter, del 15 gennaio 1965, che finì 1-2 per i nerazzurri. E poi quella era la squadra di Herrera». Per Sarri l’integralista, non sarebbe una buona giustificazione. Diversi, anche per convinzioni politiche. Uno, Ermini, renziano di ferro. L’altro, Sarri, «di sinistra sinistra». «È sempre stato molto più a sinistra di me». Un comunista, per farla breve e (troppo) semplice. «Esatto. Maurizio era comunista, io democristiano e lui, per offendermi, usava proprio quel termine. Democristiano. Era come dirmi che ero il peggio sulla faccia della terra». Sembra di sentirlo, Sarri. Basta ripensare a come rispose alla valanga di critiche dopo l’insulto omofobo a Mancini. «Non gli ho mica dato del democristiano», se la rise lui. Una battuta. Difficile, per questo, paragonarlo ad un personaggio politico. «È dura — ammette Ermini — perché Maurizio è sempre rimasto se stesso. Non si nasconde, dice quello che pensa. È diretto». Appunto. Ermini ride e, se gli chiedi se sia più probabile il governo PD-M5S o lo scudetto del Napoli, rilancia.
«Sul primo tema sono un po’ scettico, mentre se Maurizio vincesse il titolo sarei felicissimo». Dalla Raffaello Lambruschini al titolo. Dalle formazioni scarabocchiate sul quaderno di matematica alla vetta più alta. «Che storia, sarebbe».