Sacchi: "Sarri? Il suo Napoli mi diverte, mi affascina! Sono stanco di sentir dire “conta solo vincere”, Allegri bravo ma si è dimenticato della bellezza"

Rassegna Stampa  
Arrigo Sacchi, ex allenatore del Milan e della nazionale italianaArrigo Sacchi, ex allenatore del Milan e della nazionale italiana

Arrigo Sacchi, ex allenatore del Milan e della nazionale italiana, ha rilasciato una lunga intervista durante un Forum alla Gazzetta dello Sport. Vi proponiamo

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Arrigo Sacchi, ex allenatore del Milan e della nazionale italiana, ha rilasciato una lunga intervista durante un Forum alla Gazzetta dello Sport. Vi proponiamo alcuni stralci.

IL FUTURO DELL'ITALIA E LE PAROLE SU SARRI

«Ll’Italia, dopo anni di oscurantismo calcistico, ha il dovere di darsi uno stile. Di gioco, prima di tutto. Ma anche culturale. Sarà mai possibile che da noi il calcio sia ridotto soltanto al verbo “vincere”. D’accordo, la vittoria è importante, però una vittoria senza merito che cosa vale? Nulla. Si deve raggiungere il traguardo attraverso valori come il coraggio, l’armonia, la bellezza. Altrimenti i successi resteranno isolati, non si moltiplicheranno, saranno sempre momenti singoli e non parte di una storia».

L’impressione è che il lavoro di Costacurta non sia semplice e che l’ambiente non sia perfettamente in sintonia.

«Concordo. L’ambiente è fondamentale in un simile processo, e per ambiente intendo i dirigenti, i commentatori, i tifosi. Se non si è allineati, è difficile ottenere buoni risultati. Ho letto le dichiarazioni di Raiola, uno dell’ambiente, contro Di Biagio per la mancata convocazione di Balotelli. Parla della Federcalcio in termini spregevoli, usa la parola “schifo”. Capisco che il suo lavoro sia quello di difendere il suo assistito, cioè Balotelli, ma uno come lui al calcio dovrebbe soltanto dire grazie: gli ha cambiato la vita. E poi: perché non chiedersi come mai Balotelli da un po’ di tempo non viene preso in considerazione? Ci sarà qualcosa, o i commissari tecnici che si sono succeduti sono tutti matti?».

E qui siamo al suo desiderio di vedere l’Italia con un gioco offensivo, giusto?

«Sono stanco di sentir dire “basta vincere” oppure “conta solo vincere”. In questo modo si annientano tutti gli altri valori. Noi italiani siamo stati abituati, nel calcio come nella vita, a ottenere il massimo con il minimo sforzo, ma non è questa la strada giusta per progredire. Il calcio è nato come sport di squadra offensivo, e noi invece lo interpretiamo come un fatto puramente difensivo. Ma se facciamo un calcio difensivo penalizziamo, oltre che l’ottimismo dei giovani, le loro qualità tecniche. Esempio: se io tengo il pallone per 70 minuti, ho più possibilità di toccarlo, di giocarci e di divertirmi rispetto a uno che lo tiene soltanto per mezz’ora. Mi sbaglio?».

Discorso corretto, ma a volte la bellezza sta anche nella capacità di soffrire, di difendere il risultato. Non crede?

«Io, quando soffro, sto male e non mi diverto. Non so voi, ma a me capita così. Ho sempre desiderato, con le mie squadre, essere padrone del campo e del gioco. Quando consigliai a Berlusconi di prendere Sarri gli dissi: “E’ venuto a San Siro e con l’Empoli ha dominato. Con l’Empoli, mi sono spiegato?”. Il suo Napoli mi diverte, mi affascina».

Già, però sta dietro alla Juve.

«La Juve è straordinaria per carattere, per forza fisica, per determinazione. E anche per la storia e per la cultura che appartengono a quel club da più di un secolo. Contro il Tottenham hanno fatto un capolavoro, e in Champions possono andare avanti parecchio. Considero Allegri un maestro che ha elevato il tatticismo al massimo livello. Bravo, però si è dimenticato della bellezza, dell’armonia, della musica che deve suonare una squadra di calcio».

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