La Gazzetta dello Sport si sofferma sulla reazione di Daniele De Santis al momento della condanna a 26 anni di carcere per l'omicidio di Ciro Esposito: "Non muove un sopracciglio, Daniele De Santis. Impassibile, nei tre minuti circa che il giudice Evelina Canale impiega a leggere la sentenza di condanna a 26 anni per l’omicidio di Ciro Esposito. Ormai resta poco del «Gastone» spavaldo che dettava legge in curva Sud e nell’estrema destra romana. Dopo due anni tormentati, De Santis è un uomo ferito e invecchiato. Solo un mese fa, quando i pm per lui avevano chiesto l’ergastolo, la vecchia tracotanza era tornata a galla: «Buffoni», aveva sibilato. Oggi, di fronte ad una sentenza di condanna comunque molto severa, resta muto, come paralizzato sulla barella in prima fila. Non cerca tenerezza, e non ne fa. Al netto di tutte le attenuanti citate in giudizio dalla difesa dell’avvocato Tommaso Politi, che in parte infatti sono state accolte, resta il fatto tragico: il 3 maggio 2014, prima della finale di Coppa Italia, Daniele De Santis ferì a colpi di pistola un ragazzo di trent’anni morto dopo 53 giorni di agonia e la terza sezione penale della Corte di Assise di Roma, dopo circa 4 ore di camera di consiglio, lo ha ritenuto colpevole di omicidio volontario, e riconoscendogli come detto le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestategli, lo ha condannato a 26 anni di carcere. Oltre al pagamento delle spese legali e processuali, di un risarcimento ai comuni di Roma e Napoli e di una provvisionale di 140mila euro ai familiari di Ciro"
"Mentre il giudice pronuncia la sentenza, una decina di metri più indietro Giovanni Esposito, il papà di Ciro, filma tutto con un telefonino, mentre Antonella Leardi aspetta che termini la lettura prima di cedere alla commozione. Si conferma una persona misurata, la madre di Ciro. «La pena inflitta è congrua e giusta, per De Santis non provo odio perché l’ho perdonato». Parole di pace, che solo per un attimo vengono coperte dalle urla di alcuni amici di Ciro: «Per quello che hai fatto – hanno urlato –, devi marcire in carcere»"