Parla di incroci e rivalità la questione del tifo calcistico all’interno delle real case, o di ciò che resta, di Spagna e Italia. I quarti di Champions League tra bianconeri e galacticos consentono dunque di ripercorrere tratti di storia del ‘900, perché Juventus e Real Madrid, fondate rispettivamente nel 1897 e nel 1902, risultano indissolubilmente legate al blasone e alla nobiltà. Così, l'edizione odierna del Corriere di Torino ricostruisce la storia di quei regnanti che, contrariamente alle tradizioni, hanno scelto di tifare per un'altra squadra.
"In casa Savoia, solo Vittorio Emanuele IV si è permesso di voltare le spalle alla Juventus per sostenere il Napoli di Maradona (si dice che Il Pibe sia stato il primo a scrivergli un telegramma di condoglianze dopo la morte della madre Maria José). Sotto il Vesuvio, peraltro, il discusso «ultimo re d’Italia» è nato e da lì s’imbarcò giovanissimo per l’esilio in Portogallo. «Napoli mi è rimasta nel cuore, sono napoletano dentro», ha dichiarato più volte, arrivando addirittura vicino all’acquisto della società azzurra dopo il crack finanziario, quando giocava in serie B. Ma ci volevano troppi soldi, o forse la notizia che si sparse nei quartieri spagnoli era davvero un bluff per restituire popolarità a un signore che ne aveva combinate diverse".
A riportare l’ordine naturale delle cose ci ha pensato però Emanuele Filiberto. Tifoso juventino accanito, spesso al seguito della squadra, commentatore e opinionista accreditato per Quelli che il calcio , ha difeso la tradizione sabauda che non permette altro tifo al di fuori della Signora.
Suo nonno, Umberto II, era stato padrino di battesimo di Umberto Agnelli e già questo dato storico potrebbe bastare per giustificare il legame tra Casa Savoia e la squadra della «famiglia». Il lignaggio, la nobilità, l’aristocrazia e il rigore fanno della Juventus una squadra monarchica, con un’organizzazione societaria centralista che, pur necessariamente aprendosi al mondo, rimane torinese e savoiarda nel dna.