Juve, Agnelli nei guai: le intercettazioni parlano chiaro, ecco cosa rischia
Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, incontrava i capi ultrà nella sede della sua società, la Lamse Spa, nel salotto buono di Torino. È l’agosto 2016 quando, intercettato dalla squadra mobile, il figlio di Umberto parla al telefono con il security manager Alessandro D’Angelo di un incontro con Dino Mocciola, il carismatico capo dei Drughi, uscito nel 2005 dopo più vent’anni di galera per l’omicidio di un carabiniere. «Ci pagan subito e poi gestiscon loro tutto» spiega Agnelli al suo collaboratore. E Dino non è l’unico capo ultrà che il presidente conosce: in una intercettazione del marzo 2014, sempre con D’Angelo parla di Loris Grancini il presidente conosce l’estrazione non proprio ortodossa («Ha ucciso gente» dice nel 2014, notizia che poteva però aver letto sui giornali). Parole intercettate e riportate nel deferimento con cui il pm della Federcalcio Pecoraro lo manda a processo sportivo. La presidente lo mette all’angolo: «Forse le manca qualche carta, ma da alcune intercettazioni sembra emergere il contrario». Si tratterebbe sempre di una conversazione tra Agnelli e il suo amico e collaboratore D’Angelo, a spiegarlo è il senatore democratico Stefano Esposito che però ne mette in dubbio l’esistenza: «In un colloquio secretato, ci è stato citato lo stralcio di un’intercettazione in cui Andrea Agnelli dice “hanno arrestato due fratelli di Rocco (Dominello il figlio del boss della ‘ndrangheta che da oggi sarà a processo a Torino per associazione mafiosa, ndr). Lui è incensurato, parliamo con lui”». Si rende concreto lo spettro di una condanna sportiva e di un’inibizione dal ruolo di presidente, come rivela La Repubblica.
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