COSENZA. Condannato per omicidio e da pochi giorni dottore in Sociologia. Gennaro Barnoffi, napoletano, detenuto nel carcere di Rossano Calabro, ha discusso presso l’Università della Calabria ad Arcavacata di Rende, in provincia di Cosenza, la tesi «Una squadra una città : breve storia della Società Sportiva Calcio Napoli».
Barnoffi, nato nei vicoli di Forcella, appartenente al clan Giuliano, dopo la condanna ha cominciato a seguire il percorso universitario. Ad assisterlo la docente tutor Tiziana Noce. Una tesi di 65 pagine sul Napoli. «Accanto a tanti aspetti criticabili di Napoli, come quelli legati alla propensione per la truffa, alle subculture delle associazioni camorriste, esistono tanti aspetti positivi, tante prelibatezze di Napoli, come la mozzarella di bufala, la pizza, il ragù della domenica, il caffè e soprattutto il calcio come sport. In questo contesto l’amore per il calcio assume toni più rilevanti che altrove», ha scritto Gennaro, in carcere per l’omicidio di un vigilante nei pressi della facoltà di Scienze della Federico II e successivamente accusato della morte del penalista napoletano Anyo Arcella.
In calce alla tesi i ringraziamenti per i docenti, i dirigenti della casa circondariale e la polizia carceraria: «Per me è stato difficile come scalare l’Everest». Tesi ricca di particolari, dalle prime partite di calcio in Italia alla nascita dell’Associazione Calcio Napoli 89 anni fa, poi i campioni e i trionfi con Ferlaino, la crisi e il riscatto con De Laurentiis.
«Ho deciso di trattare questo argomento - ha sottolineato Barnoffi nella tesi - perché questa esperienza di studio sta cambiando la mia vita e ho capito che spesso lo sport può aiutare a veicolare valori positivi come il senso della legalità e l’annullamento delle diseguaglianze sociali. Il secondo motivo è approfondire uno degli aspetti positivi di Napoli, la mia città , riscattandola dalle tante caratterizzazioni negative che spesso le vengono attribuite».