Scrive Maurizio De Giovanni nel suo editoriale per Il Corriere del Mezzogiorno: La frase importante l’ha detta proprio Maurizio Sarri, a denti un po’ stretti, nelle interviste contrattualmente previste alle televisioni: l’unico momento peraltro in cui gli è concesso parlare, giacché la comunicazione del Calcio Napoli assomiglia sempre di più a quella del Partito Comunista Sovietico durante la guerra fredda. La frase importante è passata quasi inosservata, nelle pieghe e nelle piaghe del commento all’ennesima partita dal risultato insoddisfacente e nella criptopolemica col presidente che adesso detta anche moduli e schemi ai microfoni della radio ufficiale. La gran parte dei giornalisti e dei commentatori che si affaccendano al capezzale di una delle grandi ammalate del calcio italiano, che giocherà pure benissimo come dicono tutti ma che oggi si sveglia sesta in classifica dopo dodici giornate, essendo stata accreditata dalla storia recente come la seconda forza del campionato, era distratta dalla malattia stessa, e non se n’è quasi accorta.
Che ha detto, Sarri? Ha detto, più o meno testualmente: questo gruppo tra tre anni potrà fare ottime cose. Questo gruppo. Tra tre anni. Sarri, si sa, è un gran maestro del calcio moderno. Sul bel gioco, sull’incisività delle verticalizzazioni, sulla partecipazione di tutti i calciatori alla manovra, sul possesso di palla e sulle occasioni create il suo Napoli è meravigliosamente primo in ogni classifica. Anche chi lo critica per la tuta, le parolacce, la sigaretta perenne e il carattere difficile deve ammettere che nella preparazione alla gara e nell’organizzazione della squadra è tra i primi al mondo. E ci sentiamo di escludere che sia un autolesionista, un ottuso o una spia pagata da qualche avversario per distruggere la nostra squadra; quindi è lecito pensare che oggi il Napoli in campo sia il miglior Napoli possibile. In quest’ottica, la frase del toscobagnolese assume un’importanza decisiva. Questo gruppo, così com’è, non può fare risultati migliori di quelli che fa. Il gioco può essere il migliore del mondo, ma se non c’è un finalizzatore, una prima punta, non serve quasi a nulla. Non è una coreografia, una danza tribale: è calcio. Se manca un centravanti, gli esterni non crossano: si fermano e tornano indietro. Se manca un centravanti, non c’è chi fa da sponda per l’entrata degli altri attaccanti, e dello stesso Hamsik. Se manca un centravanti non ci sono spazi in area perché due difensori devono seguirlo. Se manca un centravanti, non si segna.
I dati sono impietosi: 14 punti nelle prime sei partite, 7 nelle seconde sei. I gol fatti sono crollati paurosamente, quelli subiti (il centravanti è il primo difensore, perché va su chi imposta il gioco avversario) sono spaventosamente aumentati. Uomini fin qui fondamentali sono crollati: Albiol, se rientrerà dopo la sosta, sarà mancato oltre quaranta giorni per una semplice elongazione; Koulibaly e Ghoulam, che peraltro si accingono a partire per la Coppa d’Africa e non hanno di fatto sostituti, si sono macchiati di numerosi errori in fase di copertura; di Reina per carità di patria e grande amore per l’uomo e il leader preferiamo tacere. Questo gruppo, come lo chiama Sarri, non è pronto a fare a meno di loro. E qui scatta il discorso dei tre anni. Ci sono giovani di grande livello, e attorno a loro, se si sostituiranno adeguatamente quelli che dovranno andare via (Albiol e Reina in primis, purtroppo), si potrà costruire: ma ci vorrà , appunto, almeno un triennio. Sempre che si compri subito, dal primo giorno utile, un centravanti che possa sostituire, integrare e ruotare con Milik: altrimenti con grande probabilità il triennio non ci sarà . Né per questo gruppo, né per Sarri stesso.