Scrive Maurizio De Giovanni sul Corriere del Mezzogiorno: Quattro giorni. Solo quattro, miseri giorni che anche in una stagione come questa, che pare vissuta sul filo di una velocità sorprendente ed eccessiva, sembrano un soffio. Quattro giorni tra il San Paolo e Lisbona, per decidere una volta per tutte quale sarà il destino di breve termine degli azzurri di Sarri. Magari non sarà così, e il destino smentirà questa previsione eccessiva e un po’ catastrofista, o ottimista se preferite. Magari successivamente il ciuccio inanellerà un’impressionante serie di risultati positivi, o in deprecabile alternativa di scivoloni e queste due partite saranno un pulviscolo ininfluente di fine anno solare: ma l’impressione è che tra Inter e Benfica il barometro possa dare indicazioni importanti sul futuro. Si tratta di un piccolo bivio, insomma. Sei punti in palio per determinare che speranze o che disperazioni potrà avere il tifoso, alle porte della seconda parte di un anno che è nato contraddittorio e che contraddittorio sta continuando.
Battere i nerazzurri significherebbe probabilmente mettere una pezza alla mezza battuta d’arresto col Sassuolo, match record di possesso palla e tiri in porta a fronte di una percentuale realizzativa risibile. Significherebbe probabilmente dimenticare quel palo di Callejon all’ultimo secondo, forse un simbolo di tutti i vorrei ma non posso che attraversano come fantasmi i pensieri napoletani. Significherebbe probabilmente evitare di maledire quell’inutile sgambetto di Mertens che ha risolto il dubbio tra le due asfittiche scelte di Sarri sulla prima punta. Manterrebbe, la vittoria, il Napoli attaccato al predellino del treno degli inseguitori di una zebra zoppicante in attesa di una caduta che forse non è così assurda da immaginare, a questo punto e visto il non gioco bianconero delle ultime prestazioni.
Battere il Benfica o pareggiare al Da Luz vorrebbe dire godersi almeno un altro turno di musichetta e diversi soldini andrebbero nelle presidenziali casse, invogliando magari a un investimento di gennaio meno prospettico e più realizzativo. Vorrebbe dire consolidarsi nell’élite del calcio continentale. Vorrebbe dire un’iniezione di autostima fondamentale per una squadra in evidente crisi di identità e di personalità. Il rientro di Milik non andrà affrettato, il ragazzo ha ventidue anni e un’intera carriera davanti, l’infortunio è stato parecchio serio; per dargli tempo senza buttare alle ortiche un’intera stagione, il Napoli dovrà sostituirlo adeguatamente. Fino ad allora, come più volte detto, bisognerà però arrangiarsi con quello che c’è, e allo stato, mercé la squalifica del folletto belga, c’è solo il malinconico Gabbiadini. Che per questo va sostenuto, senza se e senza ma. Sperando che il nostro piccolo Amleto, davanti al bivio della stagione, decida di essere e non di non essere.