Scrive Italo Cucci nel suo editoriale per Il Roma: Avete visto il quarto gol di Mertens? Avete pensato anche voi a Maradona? Esagerati. Come me. Nel calcio è consentita l’iperbole. Nell’entusiasmo del momento - ma anche dopo si possono fare liberamente confronti proibiti. Quel pallonetto sghembo di Dries, dopo tre gol, non è un colpo di fortuna ma una bellezza ricercata fin da tre tocchi prima. Una risposta al golazo di Higuaìn. Un messaggio al popolo azzurro e a Sarri: «Sono qui per restarci». E infatti Sarri, incollato alla panchina, testa bassa seminascosta, pareva uscito da un poema: «Non voglio vederlo!!!». Ma non era un lamento, il suo, semmai un malcelato spasimo di goduria e di orgoglio. Riassumo: così come nella sua prima stagione seppe inventarsi il 4-3-3 che ha fatto bello il Napoli e grande Higuaìn, eccolo oggi consacrare il modulo delle Tre Puntine escogitato - con Mertens finto centravanti - per allontanare il fantasma del Pepita, per congelare le prodezze di Milik, per scoprire l’inutilità di Gabbiadini. E adesso, poveruomo?- gli chiedevamo. Adesso potrebbe dirci che ha realizzato un’altra formula di successo, valida tecnicamente e tatticamente (come ha capito ahilui, anche Mihajlovic) e in linea con la sua mentalità di esteta che va oltre il risultato. Del suo Napoli ho sentito dire che fa il Barcellona, tikitaka e dintorni. Balle. Sarebbe il tardo imitatore, Sarri, di un Guardiola ridimensionato da quando ha perduto Messi. Portare palla non è uno stile, è un escamotage che alla lunga stanca e fa danno se non trova sfogo nell'inventiva del bomber più fascinoso e produttivo del mondo: Leo ha solo Ronaldo rivale, e non per scontati e svalutati palloni d’oro. Perché con pieno merito ha una squadra che gioca per lui: ieri toto corde, oggi con giudizio. Mentre il Napoli porta palla a velocitá doppia, tre/quattro passaggi ed è in zona gol, come un bellissimo Napoli di trent’anni fa, è una squadra suggerita da un sogno e realizzata lavorando, lavorando, lavorando. Ecco perché questo è il momento di ribadire la grande sfida Juve-Napoli: perché nonostante il forte divario di punti le sfidanti hanno caratteristiche superiori. La Juve, al contrario del Napoli, non porta palla, la usa come un’arma. Anche. Con la Roma ha badato a ferire e matare (come col Toro) interpretando la più classica pièce “all’italiana”, esibendo interpreti esperti, duri fisicamente, abili tatticamente, uniti da quello che Higuaìn ha chiamato fuoco interno, per non dire fame, visto che molti lo trattano da “gordo” senza ironia. Cosí il campionato è bello, emozionante, anche se c’è chi paventa la vicinissima fine dei giochi. Juve e Napoli continueranno a correre in Italia come Coppi e Bartali - me lo auguro - per ritrovarsi in Europa con Porto e Real. Sarà la Champions a decidere il primato nazionale.