Napoli - Antonio Conte ha dato la sua identità al Napoli e il Corriere dello Sport analizza i cambiamenti tattici di questi primi mesi:
"C’era una volta l’integralismo tattico: 4-3-3 e così sia. A un certo punto un dogma più che una soluzione (tipo un anno fa), nel nome di un passato che già sfumava verso il tramonto dei ricordi. Poi, Antonio Conte: è arrivato lui e il Napoli s’è messo a pensare come lui. Stesso piglio, stesso sguardo, stesso carattere. Un’identità precisa ma anche la capacità di cambiare abito, di trasformarsi a seconda delle occasioni, serate di gala o giornate di fatica: il Napoli di Conte gioca a cinque e anche a quattro, costruisce con i tre difensori (più due) o abbassa il regista tra i centrali; sposta McTominay al fianco di Lukaku e fa 4-2-2-2 oppure lo abbassa in mediana e fa 4-3-3 o 4-2-3-1 in corsa.
In fase offensiva, certo, perché poi quando c’è da difendere Politano può fare l’esterno destro a tutta fascia o restare più alto. E così via: il Napoli è un laboratorio di sistemi recitati sistematicamente nel nome di quella solidità che, nonostante numeri realizzativi non proprio esaltanti, ha permesso alla squadra di conquistare la vetta della classifica e poi difenderla per sette giornate consecutive. Passando attraverso la Juve, il Milan, l’Inter e l’Atalanta: tre scontri diretti in trasferta - due pareggi e una vittoria con i rossoneri - e quello con la Dea al Maradona, unica sconfitta del ciclo. A proposito: quattro partite fondamentali giocate più o meno con la stessa formazione.
Un solo cambio dalla Juve alle altre, Gilmour per Lobotka, obbligato dall’infortunio di Lobo. E poi, formazione identica. O quasi. Basta leggere i minuti collezionati da tutti i giocatori della rosa in dodici giornate: esiste un assetto di base, undici uomini impiegati con maggiore frequenza. Tre sempre presenti e mai sostituiti. Senza coppe va così".