L’abbraccio tra Koulibaly e Keita a fine partita, ideologicamente, è valso più della sospensione della gara tra Lazio e Napoli per quattro minuti. Finanche di più della decisione del giudice sportivo di chiudere per due turni la Curva Nord. E’ stato il simbolo del solidarietà tra due calciatori di colore, in quel momento avversari, ma vittime allo stesso modo del cieco tifo razzista. La decisione dell’arbitro Massimiliano Irrati, così come è stata spiegata nel referto del giudice sportivo, dimostra ancora una volta la difficoltà delle forze dell’ordine di fermare una partita di calcio per cori razzisti. La sospensione temporanea di Lazio-Napoli, infatti, era stata decisa dall’arbitro dopo che non era stato raccolto il suo invito al responsabile dell’ordine pubblico ad annunciare attraverso speaker il rischio di stop. E non solo. Scrive Irrati nel referto che i cori erano continuati anche dopo la ripresa della gara. Ma il responsabile della sicurezza aveva ritenuto evitabile la definitiva interruzione. E così è stato, con la vittoria del Napoli e un regalo speciale (la maglia) di Koulibaly a un tifoso della Lazio. Il giorno dopo Lazio-Napoli, il protagonista dell’ennesima violenza razzista, ha ringraziato attraverso il profilo Instagram i suoi compagni di squadra, i giocatori della Lazio per la solidarietà , ma soprattutto l’arbitro Irrati per il coraggio. Ha ricevuto via social il messaggio di Keita: «Questo gioco è molto di più che nero, bianco o verde. Ti ammiro amico», ed ha trovato anche una sorpresa ai cancelli di ingresso di Castel Volturno. Uno striscione affisso nella notte tra mercoledì e giovedì. «Onore al tuo colore K2 Koulibaly vero lottatore». Seduta di scarico in campo e poi di corsa a casa dove ad aspettare il gigante d’ebano c’erano la compagna Charline Oudenot e il piccolo Seni, nato il 16 gennaio scorso. Ventiquattro anni, nazionale senegalese e un carattere forte. Qualche anno fa, durante una puntata a lui dedicata del magazine sportivo della tv francese «Vosges», si raccontava così: «Nel calcio il rispetto si guadagna sul campo. Se sei bravo gli altri giocatori ti seguono. Se in campo te la tiri, se pensi di essere più bravo di tutti, non può funzionare. Funziona così: se sei generoso con gli altri, gli altri lo saranno con te». Eccolo qui il Koulibaly pensiero in fatto di calcio. Una filosofia che il difensore del Napoli ribadisce spesso e che gli dà la forza di sorridere e andare avanti nonostante serate amare come quella di mercoledì. Novanta minuti in cui si era sentito anche in difficoltà , non voleva neanche che la partita venisse interrotta. Quasi un senso di colpa verso i suoi compagni. Ha avuto soltanto un gesto di stizza verso la curva biancoceleste, poi è tornato a giocare. A battersi per la vittoria. La sua è una vita semplice, fatta di calcio e famiglia. Da otto anni vive con Charline Oudenot, 22enne, biondissima (e bianca) francese di Saint-Dié-des-Vosges. La loro storia d’amore sembra scritta da uno sceneggiatore di film romantici. I due sono infatti nati lo stesso giorno e nello stesso ospedale. Si sono poi incontrati da ragazzini e hanno iniziato a frequentarsi quando avevano entrambi 14 anni. Il primo amore non si scorda mai e, a quanto pare, nel caso di Kalidou e Charline, è anche solido e duraturo. Una coppia mista, che va oltre il colore della pelle, che vive con tranquillità sulla collina di Posillipo. Apprezza il tweet del governatore della Campania Vincenzo De Luca: «Forza Koulibaly, siamo tutti con te. Il razzismo fa schifo. Il razzismo negli stadi fa schifo due volte».Â