Il signore delle Coppe ha una faccia rossa e triste, è lucido di rabbia e di pioggia. Sembra dissolversi nella solitudine dello sconfitto. Nella più malinconica serata europea della stagione vede svanire l’Europa League, al Napoli non resta che il campionato. Benitez errori ne ha commessi prima, non qui. Ha una buona idea. Persino originale. Inserisce Gabbiadini accanto a Higuain per elevare il potenziale offensivo. La scelta ha un costo: l’esclusione di Hamsik. Ed un rischio: privare d’inventiva il Napoli, prevedibile come un tram sui binari. Proprio Gabbiadini, la buona idea, delude in un primo tempo condizionato da due fattori: il campo pesante frena, l’1-1 taroccato dal gol ucraino in doppio fuorigioco consente al Dnipro di nascondersi nel bunker, giocatori stretti, pressing basso, demolire è più facile che costruire.
Su Gabbiadini prende quota un giudizio severo ma suggestino. Di lui ci si accorge solo se segna. E a Kiev neanche ci prova, mentre avanza la nostalgia di Hamsik, forse prezioso se avesse potuto dare nel convulso primo tempo un indirizzo al gioco, un assist, un colpo di luce per ispirare l’imbolsito Higuain che dei bomber veri non ha il cinismo risolutivo, si concede troppi errori e smorfie. Come banali sono le proposte dei due esterni: nè Insigne né Callejon danno ampiezza, per stendere in orizzontale le due linee massicce ucraine, essendo il Dnipro disposto nel più pavido 4-5-1. Lasciare l’impostazione a Inler e Lopez vuol dire sommare retropassaggi o passi lenti in avanti, con cross che spiovono innucui sulle barricate ucraine. Giusto e vano ritirare Gabbiadini e Insigne, i pesi piuma, per Hamsik ed il caparbio Mertens.
I timori di un Napoli più potente e vendicativo hanno dato al Dnipro coesione morale e tattica, felice pragmatismo, naturale disponibilità alla fatica oscura. Fino a cogliere la prima opportunità , con Seleznyov, l’unica punta, lo stesso che fissò l’1-1 malandrino di Napoli. Non si finirà mai di recriminare su quel gol. Ma si penta il Napoli, ha sottovalutato il Dnipro, fantasticando la finale di Varsavia un attimo dopo il sorteggio di Nyon. Il contrario di quanto accadde per il colosso Wolfsburg. Era un Napoli che sapeva soffrire, lottare, sognare.