Il VAR continua a fornire motivo di dibattito sia tra addetti ai lavori che tra tifosi. Non ultimi gli episodi in Roma-Genoa su Pandev e in Torino-Juventus negli episodi di Belotti e Zaza. Per comprendere fino in fondo perchè l'applicazione del VAR non sia stata errata negli episodi sopra citati bisogna fare un passo indietro.
Al punto 2 il nodo cruciale del protocollo. Partendo dal presupposto che l'AIA vuole che la decisione resti in mano all'arbitro e che il VAR sia solo da supporto. Per questo motivo c'è la chiara intenzione di correggere solo un evidente errore, ma non decidere in uno spazio di soggettività. In sostanza, dove vi è un minimo di interpretazione il VAR, da protocollo, non può intervenire. Cosa vuol dire in soldoni?
Come spiegato anche dal designatore Rizzoli, se vi è un contatto e l'arbitro non lo vede allora il VAR può intervenire e suggerire (mai obbligare) di rivedere l'episodio. Il caso contatto-non contatto rientra nell'ambito dell'oggettività. E, di conseguenza, di eventuale chiaro ed evidente errore.
Al contrario, nel caso in cui il giudice di gara veda il contatto e lo giudichi non sanzionabile con un calcio di rigore, il VAR da protocollo non può intervenire. Questo perchè l'entità di un contatto (e non se questo sia avvenuto o meno) rientra nello spazio del soggettivo. Pertanto ci si attiene al giudizio di campo. Siccome la forza o l'entità del contatto è opinabile non può rientrare in un concetto di "chiaro ed evidente errore". La sala opertativa non può sottoporre il caso a revisione dell'erbitro.
Sul protocollo si può discutere per ore, se sia corretto o meno. Ma al momento questo prevede il regolamento e in questo modo deve essere applicato.
Sia nel contatto (trattenuta) Alex Sandro-Zaza, sia per la spinta di Matuidi su Belotti da regolamento il VAR non poteva intervenire. Qui non si discute se questi due siano o meno falli sanzionabili con il calcio di rigore. La questione è da ricercare nella possibilità di intervento del VAR secondo il protocollo attuale. Siamo al caso sopracitato della soggettivitità: l'arbitro vede il contatto (oggettivo), ma lo giudica non sanzionabile (soggettivo). Essendo la tecnologia un mezzo (al monento) che può intervenire solo nella seconda fattispecie, la sala operativa ha applicato il regolamento senza provvedimenti.
La medesima circostanza si è verificata sul contatto Florenzi-Pandev in Roma-Genoa.
Dunque, la questione si è evoluta. Dall'individuare un errore arbitrale si è giunti alla possibilità di intervento o meno della tecnologia. Le discussioni sulla modifica del protocollo già in atto riguardano, quindi, la dicitura "chiaro ed evidente errore". La soggettività garantisce ancora un ventaglio di opzioni che possono tramutarsi in errore. Queste aumentano, poi, quando ad esempio in campo vi è un arbitro di esperienza e in cabina un giovane direttore di gara. Subentrano qui una serie di fattori psicologici nella classe arbitrale che complicano il tutto. Anche voi fareste fatica a dire ad un vostro superiore "stai sbagliando". E' più o meno questo ciò che accade in cufffia tra sala opeerativa e arbitro in campo. Una strada potrebbe essere quella di scindere le due cose e dedicare una sezione di arbitri apposita per la tecnologia.
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