La verità è che in fondo hanno tutti ragione. Antonio Conte, Lorenzo Insigne e la SSC Napoli: tutti vittima di un movimento italiano che da anni non funziona, incapace nel creare una forte identità per il bene comune. Un vero disincanto, perché non sbaglia il c.t. quando parla di mancato attaccamento alla Nazionale. Da anni snobbata dal pubblico e dalle società, come se bastasse una fase difficile per spegnere la fiamma ardente di un Paese che da sempre rappresenta una potenza mondiale in questo sport. Oppure come se bisognasse tifare solo durante la Coppa del Mondo. Ha poi ragione anche Lorenzo Insigne, ovviamente preoccupato per un ginocchio dolente. Soprattutto se è poi quello operato un anno fa. E poco importa se dieci giorni dopo ha disputato 90 minuti contro la Fiorentina, perché in questi casi la precauzione è d'obbligo. Come non biasimare anche la società partenopea, che tutela i propri interessi proteggendo uno dei suoi gioielli principale e grande protagonista di questa cavalcata vincente.
Poi però ci sono dettagli, e di non poco conto. Come quello che vede il commissario tecnico cadere in una grande contraddizione, poiché sono ancora impresse nella mente le sue crociate contro la Nazionale quando sedeva sulla panchina da della Juventus. E la punizione al giocatore è in realtà anche un segnale alla società, rea di pressioni affinché l'atleta rientrasse alla base. Perché anche se l'attaccante non si fosse impegnato particolarmente nel tentare una conferma (supponiamo), resta pur sempre un dipendente della società che deve rispondere alle esigenze della propria azienda.
L'attaccante di Frattamaggiore non è altro che una doppia vittima. Prima della circostanza in quanto c'era un accordo tra le parti dopo un confronto tra gli staff medici, poi del movimento italiano. Perché il napoletano ha pagato la stanchezza di un Conte logorato, che da due anni non è mai riuscito a lavorare come avrebbe voluto. Tra stage falliti e polemiche varie, il vulcano è scoppiato. Proprio quando di passaggio c'era il Magnifico.
Una querelle che non fa bene a nessuno. Perché le guerre patriottiche vanno affrontate in altre sedi, non in una sala stampa. Serve una chiara intesa FIGC e i club, il primo vero passo per riportare davvero l'Italia allo splendore recente. Serve una vera e concreta marcia di rivalorizzazione, non guerre singole poi lasciate lì. E che si riparta soprattutto da Insigne, il volto di una nuova Italia con tanta qualità e voglia di correre.
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