di Leonardo Vivard - Twitter: @LeonardoVivard
La vittoria ha molti padri, la sconfitta è orfana. Ma non sempre.
Mister stavolta qualche colpa la hai. Come è giusto dare meriti ad un allenatore che fa esprimere ai suoi giocatori il più bel calcio d’Italia, è anche giusto sottolineare certi errori. Non che la sconfitta di oggi abbia come unico responsabile il tecnico. Ma se c’è un onere, questo è da ricercare nell’incapacità della squadra di capovolgere la gara. Perché quello svarione di Koulibaly è figlio di una disattenzione e presunzione che fa danni, ma la differenza sta proprio nella risposta ai singoli errori commessi.
Ma che senso hanno certi cambi?
Gabbiadini, unico attaccante in rosa, uscito al 55’. Perché un calciatore così in difficoltà deve lasciare il campo senza aver giocato neanche un’ora? Un aspetto del genere non fa altro che mettere ulteriori pulci nell’orecchio ad un ragazzo già fragile psicologicamente. Si sta costruendo la figura di un calciatore che dovrebbe essere schierato titolare nei prossimi tre mesi con la consapevolezza di essere sostituito dopo un tempo e qualche spicciolo di ripresa.
Perché El Kaddouri per Callejon? Dopo zero presenze in campionato dovrebbe incidere a gara in corso? Sono state scritte pagine di approfondimenti sul lento inserimento delle pedine con Sarri, salvo poi fare una scelta non coerente con le sue passate decisioni. Fuori ruolo. E in più El Kaddouri, per caratteristiche, non può essere quel giocatore che spacca le partite, specialmente a difese schierate. Giaccherini no? E’ stato acquistato proprio per dare fiato allo spagnolo, ma nonostante atleticamente stia molto meglio rispetto ad inizio stagione, Sarri non lo ritiene ancora pronto.
Zielinski all’80? Uno degli elementi più in forma può calcare l’erba del San Paolo solo per 10 minuti finali? E va bene che ha disputato due gare con la Polonia, ma siamo ad ottobre! Che facciamo a febbraio? C’è qualcosa che non va. Fu proprio Sarri a parlare di “scelta dettata dalla disperazione” riferendosi al doppio attaccante dopo la gara di Bergamo. Quelle di oggi di sicuro non hanno un filo logico così evidente.
Rog e Zielinski? No, che al lettore non venga in mente che si vuol gettare la croce di una sconfitta per il loro mancato utilizzo. Ma sono l’esempio lampante di un processo eccessivamente lento e farraginoso di inserimento dei nuovi elementi. Tra il pericolo di bruciare i giovani e l’infinita integrazione c’è una scala di grigi che potrebbe passare attraverso il centellinato utilizzo partita dopo partita in alcuni scampoli di match.
Alternativa tattica. Ci riempiamo spesso la bocca di questa definizione, ma effettivamente Napoli-Roma è stata la partita in cui Spalletti ha dato dimostrazione di essere camaleontico, Sarri ripetitivo. E nel calcio essere ripetitivi è fatale. Assolutisti, poi, ancor di più. Poche, pochissime squadre al mondo non mutano pelle rispetto all’avversario. Ma parliamo di Real Madrid e Barcellona. In gran segno di umiltà e intelligenza, l’allenatore della Roma ha sganciato Florenzi dalla linea a 4, scomponendo un piano tattico ben delineato pur di arginare Insigne sull’out di sinistra. E’ ormai lampante che il Napoli marchi a zona in area sui calci piazzati, ma possibile che Hysaj debba trovarsi davanti un bestione di due metri come Dzeko? Ok l’identità tattica, ma l’essere malleabile è sempre una virtù. Quando c’è una spiccata differenza di qualità aeree degli avversari abbozzare qualche marcatura a uomo (vedi Koulibaly-Dzeko), associata ad un contesto a zona, non sarebbe proprio un’idea da scartare in principio.
Ed è questo che forse lascia insoddisfatti chi osserva questa squadra. Il partire da concetti di base per poi non lasciarli mai più. L’affidarsi costantemente, e con un pizzico di integralismo, allo stesso copione perché in passato ha funzionato alla perfezione. C’è una sorta di fondamentalismo nel bocciare determinate fattispecie tattiche che restringe enormemente le possibili strade di gioco. A partire dal modulo, per passare agli uomini utilizzati, per finire alla fase difensiva, questa squadra non cambia, nella buona e nella cattiva sorte.
Tornerà di moda, primo o poi, quel vecchio detto partenopeo: chi nun ten coraggio, nun se cocc’ che femmnl bell...