Di una cosa va dato atto a Inzaghi: è da inizio stagione che martella con lo stesso concetto. «Dobbiamo sempre ricordarci da dove arriviamo, e cioè da un ottavo posto. Non ha senso parlare di Champions ora, i conti li faremo alla fine». E gli va dato anche per un’altra cosa: quando Berlusconi è intervenuto nelle dinamiche di gioco, Pippo ha fatto capire chiaramente che i consigli presidenziali sono ben accetti, ma poi le scelte le fa il tecnico. Dipendenza aziendale, certo, ma indipendenza decisionale e concettuale, è il messaggio che passa nelle parole di Pippo. Ieri in termini cristallini: «Da questa situazione si può uscire solo col lavoro, probabilmente la squadra non è ancora in grado di fare il salto per il terzo posto». Per chi non si ricordasse, ventiquattr’ore prima Berlusconi aveva dichiarato: «Sono sicuro che con questa squadra possiamo andare in Champions». Inzaghi avrebbe potuto solcare il mare dell’entusiasmo presidenziale, invece ha girato la barca controcorrente. Realismo, innanzitutto. Per gli obiettivi troppo sfuocati, prego ripassare. «Il presidente è una persona intelligente, sa che ci vuole un po’ di pazienza. Con questa società, tifosi e sponsor faremo grandi cose ma non vogliamo illudere nessuno: non so quanto ci vorrà per diventare grandi».