Ventidue giorni prima della sua morte, il 3 novembre 2020, Diego Armando Maradona fu sottoposto a un intervento al cervello per la rimozione di un ematoma subdurale. Sebbene i magistrati del tribunale di San Isidro abbiano stabilito che quell’operazione non sia stata la causa diretta della morte del campione argentino, intorno a quell’intervento si è sviluppato un caso oscuro, secondo quanto riferito da Il Mattino.
E anche una menzogna. Maradona desiderava che a operarlo fosse il suo medico personale, il neurochirurgo Leopoldo Luque, una figura in cui riponeva totale fiducia. Gli fu detto che così sarebbe stato. Ma la realtà fu un’altra: le figlie di Diego, Dalma e Gianinna, si opposero alla scelta, ritenendo Luque non adeguato, e spinsero affinché fosse un altro specialista a intervenire.
Inoltre, altri medici avevano sostenuto che quell’operazione non fosse neanche necessaria. Perché, allora, non fu detto a Diego ciò che stava davvero accadendo? A rendere più ambigua la vicenda, ci fu il teatrino messo in scena dopo l’intervento – eseguito nella clinica Olivos dal neurochirurgo Pablo Augusto Rubino. A parlare con la stampa fu proprio Luque, come se avesse condotto l’operazione.
Accanto a lui c’era un altro medico, Rodolfo Benvenutti, la persona che aveva vigilato affinché Luque restasse fuori dalla sala operatoria. Luque oggi è uno degli otto indagati per omicidio con dolo eventuale e rischia fino a 25 anni di carcere. Un’inchiesta che solleva domande pesanti: sulla gestione medica, sulla trasparenza, e soprattutto sul diritto alla verità negato all’uomo che fu leggenda.