Il Monza celebra i napoletani Sanseverino e Stanzione: "L'oro di Napoli a Monza"

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Il Monza celebra i napoletani Sanseverino e Stanzione: L'oro di Napoli a Monza

Boom napoletani a Monza

Ultimissime Calcio Napoli - In vista della partita di Serie A Monza-Napoli, in programma per domenica allo U-Power Stadium, oggi l'AC Monza ricorda due calciatori napoletani che hanno fatto la storia del Monza calcio, Sanseverino e Stanzione.

Eterna riconoscenza. Per i sogni e le emozioni che ci hanno regalato. Nessun accostamento irriverente. Solo il tentativo di restituire con le parole una piccola parte di quello che abbiamo ricevuto da loro in un luogo magico chiamato Sada. Nessuna intenzione eretica. Il Tesoro di Napoli blindato per sempre nel mio cuore biancorosso ha - rispetto ai circa 70 argenti di quello notissimo custodito nel Museo di San Gennaro - due pezzi unici dal valore inestimabile: Gigi Sanseverino e Francesco Stanzione.

Gigi Sanseverino

Gigi non ha mai vestito l’azzurro del Napoli. Ma è stato bambino in un tipico ‘basso’ nel cuore della città vecchia. Ma i primi calci - in campi improvvisati - li ha tirati nel popoloso quartiere di Capodichino. Ma il terreno di gioco della società che lo lanciò era a Poggioreale. Serve altro per attestarne la clamorosa napoletanità? L’ho già detto e l’ho già scritto, eppure repetita iuvant: negli anni '70 ho amato, profondamente ed incondizionatamente, Gigi Sanseverino. E ancora adesso, che ho messo il 6 davanti e ho tanto calcio dietro le spalle, lui resta idolo assoluto. Ala piccola e rapida, agile e scaltra, tecnica e furba. Micidiale in area di rigore, glaciale dal dischetto. Potrei snocciolare uno a uno i suoi 62 gol biancorossi. Alcuni sono e saranno per sempre la mia dolcissima coperta di Linus. Quello al Venezia nel 1974 lo raccontai in un tema. La fantastica doppietta al Piacenza nel 1975 gasò a dismisura il ragazzino tranquillo che ero. Nella stagione della promozione ne firmò 13 con la stupenda torsione di Udine, un accecante mix di pura classe e fulmineo opportunismo, a suggellare il dominio assoluto dei ragazzi di Magni. Doppia cifra (11) pure nella straordinaria Serie B dell’anno seguente. Ancora a comporre con il totem di nome Ariedo e cognome Braida una delle coppie offensive più prolifiche - e meglio assortite - della storia biancorossa. Favolosa la settimana dal 17 al 24 aprile 1977 con il Sada in visibilio prima per i due gol al Palermo (il secondo con un educatissimo pallonetto) poi per quello alla Ternana con un colpo di testa da antologia calcistica. In piena estasi da tredicenne io sognavo il mio ‘Sanse’ con la fascia da capitano al braccio guidare il nostro Monza sui campi della Serie A. San Siro, Olimpico, San Paolo, Comunale... Il risveglio di Modena fu duro e brusco. L’anno dopo mi arrabbiavo io per lui: Silva aveva caratteristiche fisiche e tecniche diverse da Braida, Gigi ne pagò le conseguenze. Il suo ultimo capolavoro - alla Ternana in un Sada ai limiti della praticabilità - come riassunto della carriera: tecnica, coraggio, istinto, fiuto del gol. Diluviava. Esultai e mi si ruppe l’ombrello. La mitica sciarpa biancorossa della nonna si trasformò in turbante, sulle guance un miscuglio di fredda pioggia e orgogliose lacrime. Nel cuore la certezza che Gigi sarebbe stato forever.

Francesco Stanzione

Francesco nel Napoli ha giocato. Eccome. Stagione 1977-78: allenatore giovane - Gianni Di Marzio - e squadra pure. Un cecchino infallibile (Beppe Savoldi 28 gol totali), l’eterno capitano (Totonno Iuliano), un cavallo matto in parabola discendente (Luciano Chiarugi), tanti ragazzi in cerca di visibilità. Tra loro un libero, Francesco Stanzione, reduce da una grande annata in Serie C nella Paganese di Gennaro Rambone. Per gli azzurri campionato senza infamia e senza lode (6° posto), Coppa Italia da protagonisti. Nel girone di semifinale il Ciuccio rifila un clamoroso 5-0 (poker di un assatanato Savoldi) alla Juventus, supera di misura (match winner ovviamente Beppe-Gol) anche il Milan e si arrende solo alla rimonta dell’Inter nella finale dell’Olimpico. Francesco non patisce il doppio salto di categoria e guida la difesa napoletana con sicurezza e personalità. Per quegli strani giochi di mercato che c’erano pure allora, la dirigenza partenopea invece di confermare fiducia al 25enne Stanzione decide di puntare sull’esperto (6 anni in più) Caporale, reduce dallo splendido ciclo granata. Il capolavoro è nella fantastica intuizione di chi segue il mercato biancorosso: Francesco approda a Monza nell’ottobre del 1978. Ragazzo brillante ed espansivo non accusa il salto dall’imponenza del San Paolo alle ridotte dimensioni del Sada e lega subito con un ambiente che è una famiglia. Libero moderno e carismatico fornisce contributo fondamentale alla difesa di mister Magni (la meno battuta del campionato) e firma pure un paio di gol belli e importanti alla Nocerina e alla Sambenedettese. Per il quattordicenne che ero, Francesco rappresentava la affidabilità assoluta: dalla mia posizione nel fossetto dei distinti mi esaltavano il suo tempismo, il suo senso della posizione, le sue coperture, i suoi sganciamenti. E già lo immaginavo leader carismatico biancorosso sui campi della massima serie. Un altro risveglio amarissimo, stavolta a Bologna, spezzò l’ennesimo sogno. Il baffo di Sant’Agata de’ Goti concesse splendido bis anche nel campionato seguente. Che, manco a dirlo, si concluse con la quarta beffa consecutiva. Roba da piangere. Da non credere. Da maledizione infinita. Da sbatterci la testa.

Ma adesso - che in Paradiso ci siamo alla grande - è solo tempo di celebrare due ragazzi d’oro: Gigi Sanseverino e Francesco Stanzione. L’oro di Napoli a Monza.

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