Napule è mille culure. Che si mescolano, si scindono. Si uniscono e si contrastano. Colori e strati sociali diversi. Culture, credenze e usanze diverse che cambiano da quartiere a quartiere. E' la città più bella del mondo che in realtà nasconde tante insidie, tanti vicoli cechi e tantissime strade buie. Quante possibilità ci sono per un bambino di Napoli? Poche, sempre troppo poche. E' come essere ad un concorso per la felicità con 3 milioni di partecipanti, quando di posti ce ne sono al massimo un centinaio. E quante possibilità ci sono, invece, per uno che nasce a Secondigliano?
Luigi Liguori di possibilità ne ha avuta una: il calcio. All'inizio, quando era solo un bambino, giocava al 'Parco Postale', zona 167 di Secondigliano. Qualche amico ed un supersantos, per quei bambini era sempre e solo il calcio il passatempo preferito. Da lì ha cominciato Gino (così lo chiamano i compagni del Napoli Primavera ora che ha 18 anni e di strada ne ha fatta da quando giocava sull'asfalto). Prima la Mariano Keller, poi la Ternana, poi la maglia azzurra del suo amato Napoli. Al suo fianco, ad accompagnarlo nell'avventura nel mondo del calcio c'è stato Antonio Ascione: cognato della mamma che ha fatto le veci del ragazzo e, forse anche qualcosa in più, quando i genitori sono stati lontani da casa per via di alcuni problemi con la giustizia. Zio Antonio lo accompagna agli allenamenti, va a parlare col mister per capire quali lati del carattere vanno limati e su quali, invece, è opportuno insistere. E quando Luigi lascia la Keller per andare alla Ternana, è sempre zio Antonio che fa commuovere tutti gli invitati alla 'festa d'addio' che gli organizzò la società. In quell'occasione raccontò tutta la storia del ragazzo e di quanto fosse stata difficile la sua adolescenza.
Luigino ha dovuto fare a meno di mamma e papà dai 13 ai 17 anni. Ha vissuto con la nonna Annamaria e la zia Mariarca. Un lavoro eccezionale quello di queste donne, che si son ritrovate da sole a tirar sù una famiglia enorme, composta da ben nove bambini. Difficile capire come abbiano fatto. Descrivere certe situazioni è diverso da viverle. Zia Mariarca era particolarmente attenta a Luigino, che intanto cresceva e voleva uscire continuamente con gli amici. Gino non poteva fare più tardi delle dieci il sabato sera, e durante la settimana si usciva solo dopo aver fatto i compiti per giocare a pallone con gli amici sotto casa: ordini della zia. Intanto, mamma e papà erano in carcere e non se ne stavano certo con le mani in mano. Papà si occupava della manutenzione degli impianti idraulici all'interno della struttura, mamma invece stava in cucina. Tutto ciò che guadagnavano lo inviavano ai figli. Così, tra un sacrificio e l'altro, i bambini son cresciuti e mai una volta gli è mancato un regalo sotto l'albero. La macchinina telecomandata, la bicicletta, il motorino...
Resta comunque una vita particolarmente travagliata quella di Gino Liguori. Nei 4 anni in cui la mamma è in carcere, Luigi non riesce ad andare ai colloqui: non riesce ad accettare la situazione. Ogni lettera che gli spedisce la mamma ha quelle macchioline che lasciano le lacrime che cadono mentre la scrive, in ogni lettera c'è la supplica di andarla a trovare. In ogni lettera, la sofferenza di una donna che mai avrebbe voluto mostrarsi così sofferente agli occhi d'un figlio così piccolo e fragile. Ma un episodio su tutti lascia intendere quanto può essere delicata quell'età. Sono quattro anni che mamma manca da casa. Quattro anni che i bambini (Gino, le due sorelle e il fratello) non l'abbracciano, che non la vivono, che non vanno a dormire nel lettone con lei. La sera in cui torna a casa, tutto pronto per andare a letto, la mamma s'accorge che i bambini hanno gli occhi lucidi e la fronte calda. Termometro: tutti con la febbre a 39/40. Bisognava chiamare un'ambulanza. Ma all'arrivo, i medici tranquillizzarono la signora dicendole che si trattava di febbre dovuta all'emozione per il suo ritorno a casa. La cura migliore sarebbe stata dormire tutti insieme, vicini vicini. E così fu.
Da quella notte son passati due anni ormai. Adesso, Luigino Liguori è un ragazzo della Primavera del Napoli. Nelle ultime partite ha indossato anche la fascia da capitano (Granata assente per infortunio) e segnato su punizione in Youth League contro il Besiktas. E nella gara di ritorno, in Turchia, è stato proprio lui a procurarsi il rigore decisivo trasformato poi da Negro. Insomma, nella competizione europea, così come in campionato, il ragazzo è stato determinante. E se il Napoli si trova ancora in corsa in Youth League, adesso, è soprattutto grazie a lui. A inizio campionato ha raggiunto la squadra di Sarri negli allenamenti a Castelvolturno: ha stretto amicizia con Lorenzo Insigne che gli ha anche regalato le scarpette con le quali gioca adesso.Vuole diventare come lui, Luigi. Vuole sistemare la famiglia coi soldi del primo contratto. L'ipotesi di fare del calcio una professione si fa avanti con prepotenza, anche se rimane con i piedi ben piantati a terra. Ha già realizzato un sogno, Gino: indossare la maglia azzurra. Adesso rimane un solo obiettivo: ricambiare la sua famiglia di tutto l'affetto che è riuscita a dargli. Luigino ha 18 anni e non pensa alla macchina, non pensa alla discoteca e al fare tardi la sera. Le sue giornate le passa tra il campo d'allenamento e la sua fidanzata, Rosa.
Quanto può essere stato difficile essere nei panni di Gino Liguori durante l'adolescenza? Uno scugnizzo solo che deve fare i conti con una vita che non è stata tenera con lui. Gino è cresciuto in una città come Napoli, in un contesto come quello di Secondigliano, senza genitori in una famiglia in cui sei il maschio più grande. Entrare nella rete della criminalità sarebbe stata la soluzione più semplice per Gino. Ma lui non l'ha fatto. Gino ha preferito il pallone e, almeno nella vita, ha già vinto.
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