Chissà come finirà in Europa League, solo un trionfo internazionale più diradare le ombre di Verona. Benitez e il Napoli non sono da campionato. Vivono di episodi. Di chiaroscuri. Gli scudetti premiano la continuità. Per anticipare l’addio, l’amletico allenatore ha scelto la città di Giulietta. Un amore che sembrava finito già l’estate scorsa, quando De Laurentiis e Benitez andarono a schiantarsi sul muro di Bilbao. Con una squadra scadente e malpreparata, bocciata dalla Champions. È la legge dell’impresa: chi non investe bene, non produce. Il progetto Napoli si era già infranto dopo il terzo posto. Bisognava accelerare. Occorreva un’altra estate di lucido coraggio come quella della 2013, quando con Higuain, Callejon, Mertens, Albiol, Reina il Napoli seppe darsi il nuovo scatto nel futuro. Tutto apparve chiaro con la rinuncia ai tre obiettivi posti dal tecnico: né giocatori importanti, né strutture, né stadio. Che rimane di Benitez dopo Verona? La possibilità molto teorica di vincere Europa League e Coppa Italia. Per il campionato, valgono i numeri. Su 15 punti in 5 gare il Napoli ne ha presi 4. Una vittoria con il Sassuolo, il pari con l’Inter, tre sconfitte esterne con Palermo, Torino, Verona. Diciotto punti meno della Juve: dicono qualcosa? Coerente con le sue bulimia di titoli, perché solo quelli rimangono nel curriculum, Benitez ieri ha disarmato la formazione in campionato. In panchina Higuain dopo la tripletta con la Dinamo Mosca, Gabbiadini, Callejon, Maggio. In campo Mertens e Inler entrambi in forma, un po’ di Albiol, per il resto un guscio vuoto. Formazione improbabile nella qualità e nella tattica. Perché De Guzman e Mesto sono astratti sulla verticale destra, dove domina il biondone islandese Hallfredsson con l’aiuto discreto di Pisano e Juanito Gomez. A sinistra il Napoli ha un frizzante Mertens che però non frena il giovane lombardo Jacopo Sala né il 32enne marocchino Mounir Obbadi. Su quella corsia sbanda anche il balbettante Ghoulam tormentato da Jankovic. Basta vedere in uscita lo stralunato Andujar per subire un gol e capire che su Verona cala il buio. Perdere con due gol di Luca Toni, 38 anni il 26 maggio, fa arrossire il Napoli, che attribuisce invece a un charter in partenza la ridotta conferenza. Sarà colpa di Sky, di Ilaria D’Amico, delle tv se il Napoli lascia i gioielli in panchina ed espone solo bigiotteria? Nel chiedere il recupero del tempo, Benitez ricorda ora il più plateale ed emotivo Mazzarri. Ha perso la maestosa serenità, come il filo logico del gioco. Nient’altro che assedio cieco, prevedibile, lento. Il finale con Higuain, Callejon, Gabbiadini in soccorso di Mertens e Zapata è il segno della disperazione, non certo la cavalcata trionfale di “Arrivano i Nostri”. Che almeno Mosca restituisca il Napoli a un calcio fatto di emozioni, e mai più di inganni