Il calciatore del Napoli Juan Jesus si è presentato ieri ad un allenamento di una squadra di calcio speciale, composta da bambini fuggiti dalle guerre e bambini italiani. Mentre si rivolgeva ai piccoli parlando del razzismo nel calcio, il giocatore del Napoli si è commosso.
Juan Jesus ha chiaramente ancora una ferita che gli brucia sul petto e che non può dimenticare: per lui che è un simbolo della lotta al razzismo, i nervi diventano tesi quando si torna a parlare dell'episodio Acerbi-Juan Jesus. E ieri, parlando di discriminazione, si è messo a piangere, non è riuscito a trattenere le lacrime. Ieri il difensore azzurro era ospite dell'iniziativa "Alleniamoci per la Pace" organizzata da Arci Mediterraneo per dare un calcio al razzismo e alla guerra. L'evento, che il Napoli ha voluto sostenere inviando Juan Jesus, ha visto il patrocinio della comunità afgana, della comunità ebraica, della comunità ucraina e con il sostegno delle varie comunità arabe e africane del territorio di Napoli al centro sportivo Kodokan di Piazza Carlo III, ospiti del professor Marmo che ha accompagnato, poi, il difensore del Napoli in giro per il centro per mostrare tutte le iniziative. Alla realizzazione dell'evento hanno collaborato Eventi Sociali APS, la Scuola Calcio Asd Petrarca di Napoli, con i bambini e le bambine dell'Educativa Territoriale Arci di Borgo Sant'Antonio Abate, Antinoo Arci Gay e il Kodokan di Napoli.
Queste le parole di Juan Jesus che torna anche sul caso Acerbi:
"Innanzitutto è bello essere qua, per i bambini ed essere d'esempio per loro (si emoziona e piange, ndr). Prima di tutto io voglio essere d'esempio per i miei figli e per tutti questi bambini: è la cosa che per me è più importante di tutti, ci provo sempre. Nella mia carriera ho sempre provato a essere una persona pulita. Quello che è successo con me purtroppo è stata una brutta cosa, ma sono adulto e grande e ho fatto quello che dovevo fare, purtroppo è andata come è andata. Ma sapevo come sarebbe andata a finire. Nel calcio si può vincere, si può perdere, però preferisco vincere qualche trofeo in meno ed essere un esempio per più bambini possibili".