Abbonamenti SSC Napoli 2016, verità ignorata dalla Cassazione. Chiesta al Tribunale di Napoli rimessione alla Corte di Giustizia Europea per i tifosi consumatori

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Abbonamenti SSC Napoli 2016, verità ignorata dalla Cassazione. Chiesta al Tribunale di Napoli rimessione alla Corte di Giustizia Europea per i tifosi consumatori

Con la sentenza n. 7623/2025, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della SSC Napoli contro un abbonato che si era visto accogliere dal Tribunale di Nola, in funzione di giudice d’appello, la domanda di risarcimento per la perdita economica subita a seguito della drastica riduzione del costo dei biglietti singoli durante la stagione 2016/2017. L’abbonamento era stato sottoscritto in un contesto in cui la società calcistica aveva pubblicamente annunciato un imminente aumento dei prezzi dei tagliandi, inducendo migliaia di tifosi a sottoscrivere l’abbonamento con l’aspettativa di un risparmio.

La Suprema Corte ha ritenuto ininfluente questo affidamento, escludendo ogni rilevanza della comunicazione precontrattuale e promozionale, e riducendo il contratto a una mera prestazione tecnica priva di contenuto economico riferibile alla tutela del consumatore.

Una sentenza in contrasto con i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea

La decisione della Cassazione si pone in evidente contrasto con:

  • l’art. 6 della Direttiva 93/13/CEE, che impone di interpretare le clausole contrattuali ambigue nel senso più favorevole al consumatore;
  • l’art. 6 della Direttiva 2005/29/CE, che considera ingannevole ogni pratica commerciale che, anche attraverso omissioni o informazioni ambigue, inducono il consumatore medio ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso, in violazione del principio di trasparenza;
  • gli artt. 5 e 7 della stessa Direttiva, che impongono trasparenza e correttezza nella comunicazione commerciale;
  • l’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, che garantisce il diritto a un ricorso effettivo e imparziale.

La Corte, in violazione dell’art. 384 c.p.c., ha scelto addirittura di decidere nel merito senza rinviare al tribunale territoriale per i necessari accertamenti di fatto e l’ulteriore istruttoria, pur essendo stata depositata una documentazione ampia e oggettiva, tra cui articoli di stampa, comunicazioni ufficiali della società e reazioni collettive degli abbonati.

Una valutazione che ha ignorato del tutto il contesto precontrattuale, tradendo i principi di buona fede, correttezza e tutela dell’affidamento, cardini dell’ordinamento europeo.

Il consumatore-tifoso è un cittadino europeo, non un cliente da disilludere

La posizione espressa dalla Suprema Corte rischia di creare un vuoto di tutela per il consumatore, soprattutto nei contratti per adesione, dove la parte debole è indotta a concludere il contratto sulla base di comunicazioni pubblicitarie, spesso non formalizzate nel corpo contrattuale ma fondamentali nella formazione della volontà negoziale.

La decisione ignora che nel diritto europeo la comunicazione precontrattuale è parte integrante del vincolo contrattuale, e che la protezione del consumatore non può dipendere dalla sola presenza di clausole scritte, ma deve basarsi sulla sostanza del rapporto economico e informativo.

Una questione che approderà alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Uno dei tanti tifosi, rappresentato sempre dall’avv. Erich Grimaldi, ha già depositato istanza di rimessione alla Corte di Giustizia Europea in un altro giudizio pendente innanzi al Tribunale di Napoli, affinché si chiarisca se l’interpretazione data dalla giurisprudenza italiana sia compatibile con il diritto europeo in materia di tutela dei consumatori.

Allo stesso modo procederanno altri tifosi consumatori coinvolti nei  contenziosi tutt’ora pendenti.

La Corte di Cassazione, nel sacrificare il consumatore sull’altare della forma e del tecnicismo giuridico, ha ignorato le regole fondamentali di correttezza, trasparenza e buona fede.

Il diritto europeo, al riguardo, è chiaro: l’affidamento legittimo del consumatore è tutelabile, anche se non scritto nel contratto.

Negare la giustizia sostanziale in nome del formalismo, come fatto dalla Suprema Corte, significa compromettere la fiducia del cittadino-tifoso nelle istituzioni e ignorare il suo diritto alla tutela come consumatore, garantito dall’Unione Europea.”, conclude l’Avv. Erich Grimaldi.

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