estival dello sport è intervenuto Gianfranco Zola, “the magic box” per i tifosi del Chelsea. Prima di arrivare in Inghilterra, Zola si è fermato anche a Napoli. Sul sul palco dell’Auditorium Santa Chiara a Trento ripercorre la sua carriera. Le sue parole riproposte dalla Gazzetta:
"La Sardegna è sempre stata presente perché l’identità deve essere forte per aiutarti a navigare in acque difficili. Crescere in un paese piccolo come Oliena, 7 mila abitanti, mi ha dato una identità forte e dei valori che mi hanno aiutato ad affrontare i momenti in cui le mie credenze e le mie capacità sono state mese in discussione. Ho cominciato a frequentare gli allenamenti a 3 anni, mio padre era il presidente della squadra del paese, il calcio ha fatto subito parte della mia vita.
All’inizio da parte mia – aggiunge Zola – c’era emozione ma anche timidezza, avevo 23 anni ed ero alla prima esperienza fuori dalla Sardegna. E quel Napoli era la squadra più forte d’Italia, nella quale ero solo un principiante alla scoperta di un nuovo mondo. Ma Francini e Corradini hanno quasi adottato, me e mia moglie, in campo e fuori.
Maradona? Eravamo due persone agli antipodi anche se lui era esteriormente un personaggio diverso rispetto al privato, in cui appariva umile e semplice ed era quel tipo di persona al di là di qualche vizio, diciamo così. La prima cosa che disse: ‘Finalmente hanno preso uno più basso di me’. Ma solo perché aveva i riccioli.
Mi sarebbe piaciuto giocare con Kvaratskhelia, mi ricorda George Best".