Ultime notizie Serie A - Gabriele Noto, notaio veronese super tifoso gialloblù, fu uno dei quattro veronesi accoltellati a margine della prima gara del torneo 1984/85, Verona-Napoli, che L'Arena ha intervistato oggi per celebrare lo scudetto di quella stagione. Ecco le sue dichiarazioni:
«Ero al giuramento di mio fratello, allievo ufficiale alpino ad Aosta. Finì prima del previsto e mio padre disse: “Andiamo allo stadio, facciamo in tempo la gara è alle quattro del pomeriggio”. Mi sono trovato nel momento sbagliato e nel posto sbagliato. Dalla gioia della vittoria, al dolore in ospedale».
A cominciare proprio da quella di oggi, in coincidenza col leggendario 3-1 servito al Napoli. Era l’esordio di Maradona nel campionato italiano ma la festa fu tutta gialloblù vista la grande vittoria. Fuori però fu guerriglia:
«Non stavo bene» - ricorda oggi Noto - «E cercai di andarmene qualche minuto prima della fine della partita. C’era un atmosfera pesante ma nulla faceva presagire la guerriglia. Ero con la mia Vespa all’altezza della Pizzeria Olimpia, stavo tornando a casa e mi ritrovai a terra in un secondo. Erano in molti, forse una decina, uno di loro mi strappò la catenina del battesimo e fra calci e pugni me la ripresi. Intervenne in mio aiuto il “Baffo“ Fanini, evitò guai peggiori. Sentì subito caldo ad una gamba ed ero insanguinato».
A Noto come ad altri tre ragazzi veronesi andò bene. Erano Anni di violenza e le Forze dell’Ordine forse non erano preparate. I resoconti della Questura di quel 16 settembre parlarono di 150 tifosi napoletani denunciati per assalto e devastazione di un Autogrill in autostrada. Trenta veronesi in vena di rappresaglie furono dispersi da polizia e carabinieri.
«Non una grande pagina di sport» ricorda Noto, mentre riguarda le foto che lo ritraggono sanguinante soccorso dall’ambulanza, «meglio un’immagine diversa. Ricordo di aver visto in ospedale un appuntato che era intervenuto per salvare da quei delinquenti un ragazzo, con la testa aperta». Ecco raccontata come faremo, con altre storie, la prima giornata di quel campionato straordinario. Una ricorrenza diversa per celebrare il 40esimo della scudetto scaligero. «Rammento» prosegue Noto, «un’intervista di Mario Puliero con Telearena. Venne vicino al mio letto. Non ero in grande forma, anche perchè la febbre non scendeva. I medici pensavano che fosse riconducibile alle varie ferite, tra l’altro fortunatamente non avevano leso arterie o parti vitali. Pareva fosse una possibile infezione. E invece alcuni giorni dopo scoprirono che la febbre alta era per via della mononucleosi».
Insomma, non un bell’esordio di campionato per l’allora ventunenne Noto.
«I giorni successivi venne a trovarci a me e agli altri feriti, capitan Roberto Tricella». Noto tradisce ancora oggi un po’ d’emozione. «Rimase a parlare con noi oltre mezz’ora. Credo che ci portò un gagliardetto o qualcos’altro. All’epoca non si usava e poi, diciamolo, c’era molta sostanza. Il “Trice” e i suoi compagni erano uomini prima di essere calciatori».
Ma c’è un uomo che è stato determinante per quella vittoria?
«Dico Osvaldo Bagnoli senza pensarci. È stato determinante. Hanno dato il meglio pure giocatori come Sacchetti, Volpati e Bruni, non solo i vari Briegel, Galderisi, Fanna o Elkjaer. Sai cosa c’era nell’aria? Quella sensazione che il Verona prima o poi avrebbe vinto la gara o pareggiata. Un esempio è stata proprio Verona-Napoli. In quella partita si vide una società pronta, un gruppo organizzato e l’altra squadra che aveva solo il grande Diego Armando Maradona. Poi negli anni, sarebbero cresciuti anche loro. Quel 1984/’85 resterà magico per tanti motivi e non solo per i gol del Nanu o le parate di Garella. C’era un’altra città e altri valori nella vita quotidiana».