Stramaccioni: "Meret e Scuffet a Udine parlavano anche le palline da tennis, Alex lo massacravo in palestra..."

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Stramaccioni: Meret e Scuffet a Udine parlavano anche le palline da tennis, Alex lo massacravo in palestra...

Alex Meret e Simone Scuffet di nuovo insieme. Dopo essere cresciuti insieme a Udine, ora si ritrovano a Napoli. A parlarne ora è il loro ex allenatore Andrea Stramaccioni a calciomercato.com:

"A metà settimana Totò faceva un allenamento personalizzato con l'obiettivo di calciare in porta centinaia di volte da tutte le posizioni - ci spiega nella nostra intervista -  Spesso gli mandavo Simone o Alex, e ovviamente per i portieri era quasi sempre un 'bruttissimo' pomeriggio".

E loro come se la cavavano?

"Erano portieri giovani, avevano occasioni straordinarie per poter parare o tentare di parare opponendosi a tanti tiri che arrivavano da ogni posizione calciati da uno dei migliori finalizzatori della Serie A degli ultimi 20 anni".

Si dice che il tuo preparatore dei portieri a Udine Nista provava a mettere in difficoltà Scuffet e Meret calciando in tutti i modi, ma loro prendevano anche l’impossibile. 

"Alessandro Nista era un preparatore molto esperto, e data la sua esperienza con portieri come Buffon, Handanovic e Julio Cesar sapeva come far crescere i ragazzi e spesso li stimolava in modi diversi e con diverse tipologie di tiri. Un giorno l’ho trovato che gli sparava palloni di tutte le dimensioni, anche palline da tennis, con una macchina stranissima appena acquistata dall’Udinese. Incredibile".

Chi vinceva tra Meret e Scuffet nella classifica sfida di parate durante gli allenamenti? 

"Simone era più abituato ad allenarsi con la prima squadra perché veniva da un finale di stagione esaltante con Guidolin e ovviamente era più a suo agio. Alex però mi colpiva per il suo talento naturale e la sua freddezza. Mi è subito piaciuto molto: sembrava un giovane... 'già esperto'".

Ti ricordi una parata che ti è rimasta impressa che hanno fatto in allenamento o in partita? 
"In settimana Simone ti saltava all'occhio per parate incredibili, usava ogni parte del corpo respingendo il pallone d'istinto; spesso anche con i piedi. Poi però faceva degli errori banali, evitabili. Meret era più continuo, parava il parabile in maniera stilisticamente e tecnicamente molto elegante. Doveva crescere in forza e aumentare pian piano la personalità nel comandare la difesa, ma mi piaceva tanto".
Per questo hai deciso di portarlo in prima squadra.
"Lo aggregai subito con noi e fu promosso rapidamente a terzo portiere seppur giovanissimo".

La prima immagine che ti viene in mente di Scuffet e di Meret a Udine? 

"Due ragazzi d’oro con famiglie eccezionali alle spalle, persone giuste con grandi valori che hanno cresciuto due ragazzi di cui essere davvero fieri. E te lo dico da padre, ancora prima che da allenatore"

Tra i due c’era rivalità?

"Assolutamente no, erano sempre positivi e uniti; silenziosamente complici. Scuffet aveva già cominciato a conoscere la popolarità, Alex ci si avvicinava".

La slinding door nella carriera di Scuffet è stata il no all’Atletico Madrid. 

"Questo non lo so, anche perché fu un a decisione che prese di comune accordo con familiari e procuratore. Ogni calciatore ha tanti bivi nella sua carriera, ma quando le scelte sono condivise serenamente per me non devono mai essere oggetto di rimorso".

Che soddisfazione c’è nel vederli tutti e due al Napoli? 

"Meret l'ho rivisto sui campi con la maglia azzurra con lo scudetto sul petto, mi ha fatto effetto ritrovare un ragazzo splendido che si è fatto uomo in campo e fuori. Scuffet l'ho rivisto per la prima volta insieme alla sua famiglia dopo Cagliari-Inter, era un po' che non lo rivedevo: ci siamo abbracciati con affetto come con Alex. Pensare che torneranno a condividere uno spogliatoio, allenamenti e partite mi fa effetto. E' una bella storia".

Ci racconti un aneddoto di quel periodo con Scuffet e uno con Meret? 

"Scuffet aveva ancora qualche gap tecnico-esperienziale da colmare per essere titolare in Serie A: quando gli parlai fu straordinario, comprese subito in modo positivo cosa gli stavo dicendo. Una reazione matura e positiva, non era scontato. Un ragazzo unico".

E su Meret?

"Lo massacravo con la palestra. Ero convito delle sue qualità, ma a livello di forza era indietro sia negli arti superiori che nelle gambe; gli dicevo che due ore di allenamento sul campo non bastavano, doveva lavorare il doppio se non il triplo degli altri. A volte lo prendevo in giro chiedendogli se i pesi fossero troppo pesanti e preferisse tirare su birilli o altro... Lui sorrideva rispettoso e lavorava ancora di più, mai una parola fuori posto".

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