Pescara, Sebastiani si sfoga: "Al momento dell'incendio ero con mia moglie e le mie figlie. Sospetti? C'è chi ha mire sul club, ma non può prenderlo!"

Le Interviste  
Pescara, Sebastiani si sfoga: Al momento dell'incendio ero con mia moglie e le mie figlie. Sospetti? C'è chi ha mire sul club, ma non può prenderlo!

Un episodio a dir poco sgradevole quello che ha coinvolto Daniele Sebastiani, presidente del Pescara, nella notte di ieri. Uno di quelli che allontanano dal calcio. Così il numero uno del club abruzzese è intervenuto ai microfoni del Corriere dell Sera:

Presidente Daniele Sebastiani, la situazione a Pescara ha oltrepassato i limiti. Le hanno bruciato le auto, che farà ora?
«Delle macchine non mi importa, si ricomprano. È più il danno alla città, si sporca l’immagine della piazza e si butta via il buon lavoro fatto negli ultimi 5 anni. Sono pronto a cedere il club e andare via a fine anno, basta ci sia qualcuno di serio. Il Pescara però non me lo faccio estorcere da delinquenti e da atti intimidatori e non lo cedo perché devo scappare dalla città».

Ci racconta cosa è successo? Con chi era in casa?
«Erano le tre del mattino, è scattato l’allarme, mi sono affacciato e ho visto il fumo, ho chiamato i pompieri. C’erano tutti: mia moglie Luana e le mie figlie, Michela e la più piccola».

Sua figlia Michela si è sfogata sui social: «Sono delusa e schifata, siete un branco di esaltati e imbecilli».
«Capisco lo sfogo di mia figlia, sa cosa le ho tolto per dare tutto a questa squadra? È stato un grande spavento, ma ho rassicurato tutti dicendo che non ci saranno più episodi simili».

Prima di Natale c’era stata un’altra contestazione pesante. Il rapporto con i tifosi perché è degenerato così?
«Tanti chiacchieroni in giro dicono bugie, illudono la tifoseria, la sobillano. Così si spingono le folle all’odio, su falsità evidenti che riguardano offerte, per acquistare la società, che io non ho mai ricevuto. Dicono che mi metto i soldi in tasca, che il Pescara ha preso 30 milioni di diritti tv, quando invece sono 18. Così si è istillata nella gente l’idea che io penso solo ai miei affari».

Ma chi lo fa?
«Chi ha mire sul club, ma non può prenderlo. È la solita storia della volpe e l’uva».

La squadra è ultima in classifica, non ha mai vinto una partita, però lei ha deciso di confermare Oddo, perché?
«Sei mesi fa se avessi toccato Oddo invece di bruciarmi due macchine mi avrebbero tirato 30 bombe in casa. Era l’idolo di tutta Pescara. Oggi Oddo è diventato per tutti un imbecille: beh, per me non lo è, resta un bravo allenatore. Sì, sono una mosca bianca in questo calcio, il tecnico lo tengo perché la squadra è con lui, il gruppo lo segue. Poi sì, siamo limitati, in campo e fuori: le risorse che abbiamo sono poche».

In città accusano lei e Oddo di essere legati a doppio filo, da calcio e affari al di fuori del pallone. Che c’è di vero?

«Niente, sono tutte falsità messe in giro ad arte. Certo l’ho sentita anch’io questa porcheria, perché tale è: una porcheria. Le stupidaggini volano».

Lei ha detto che è pronto a vendere a persone serie a fine stagione. Se poi nessuno si presenta che fa, riparte con Oddo in panchina?
«Se vuole rimanere ricomincio con lui, non ho dubbi. Ma alla luce di questa situazione non so davvero che succederà e se ci sarò ancora io. Ho fatto due promozioni dalla B alla A e una finale playoff. Nel calcio però la memoria è corta».

Come si è passati in sei mesi dalla festa promozione alle auto bruciate?
«Non sono un politico e non ho bisogno di prendere voti. Non faccio buona comunicazione. Quando vincevamo non sono mai andato sotto la curva a prendermi applausi. E poi dicono che mi sono intascato i soldi: ma dove? Sono un combattente, non mi impaurisco e non mi piego alle intimidazioni».
    

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