Corrado Ferlaino: due scudetti, una coppa Uefa, due coppe Italia e una Supercoppa, il presidente che ha fatto la storia del Napoli. Ieri ha festeggiato i primi 29 anni dal suo tricolore ed ha rilasciato un'intervista ai colleghi del 'Corriere del Mezzogiorno'. Ecco quanto si legge sulle pagine del quotidiano:
E se Higuain andasse via? "Non credo ci sia un club in Europa in grado di assecondare il valore della clausola del Pipita. Novantaquattro milioni più l’ingaggio di almeno altri dieci per quattro anni sono una cifra esorbitante".
Ma se invece ci fosse l’offerta? "Sarebbe difficile rinunciare, ma a De Laurentiis dico che per vincere c’è bisogno di campioni. L’anno prima del secondo scudetto, lo ricordano tutti, il presidente dell’Olympique Marsiglia, Bernard Tapie, mi offrì un assegno in bianco per Diego. Avrei dovuto mettere io la cifra. Una cifra blu. Ma non volli neanche riceverlo. E sappiamo come è andata".
Non ragionò da imprenditore... "In quell’occasione sì. L’amore per il Napoli ha sempre condizionato le mie scelte. Solo chi è tifoso per davvero comprende che significa voler vincere a tutti i costi, quando vincere non ti regala neanche tanti introiti come accade oggi. Dopo quasi trent’anni sono sempre più convinto che non vendere Maradona quell’anno sia stata la scelta giusta".
Con Bianchi, però, si comportò diversamente - "Lui voleva andare alla Roma che gli dava anche più soldi, ma aveva un contratto con il Napoli. Mi chiese l’aumento ovviamente, ma lì prevalse il principio del rispetto dei colori e delle regole. Presi un altro allenatore ma non lo svincolai. Rimase fermo per un anno".
Se Sarri si comportasse alla stessa maniera, consiglierebbe a De Laurentiis di fare la sessa cosa? "Non mi permetto di entrare in vicende che non conosco. Sarri è un allenatore molto bravo che ha riportato a Napoli il bel calcio. Non me lo farei sfuggire. Ma le trattative dipendono da una serie di variabili. I toni, i modi e le reazioni di ciascuno. Chi sta fuori non può giudicare".
Ora De Laurentiis dovrà gestire tante richieste di aumenti di ingaggio. Lei come si comportava? "Quando si vince tutti battono cassa. Bisognerebbe fare accordi prima, quando i risultati sono ancora non definiti. Mi rendo conto che è più complicato. Non è facile gestire, basta dare un aumento a un solo calciatore che tutti pensano di averne diritto. E non è così".
Il suo Napoli riuscì ad opporsi allo strapotere delle squadre del Nord, oggi è difficile competere con la Juventus. Questione di fatturati? "Sicuramente il fatturato incide, così come la grande storia di un club. Ai miei tempi non giravano così tanti soldi, senza diritti tv e premi. Per noi valevano solo gli incassi dello stadio. Per resistere dovevamo far fronte alle banche. De Laurentiis non ha per fortuna questo problema, lui ha un bilancio sano. Io combattevo con i numeri".
Per vincere bastano i soldi? "I soldi aiutano a investire. E chi investe e vince fa ancora più soldi. Serve coraggio. La Juventus in ogni caso è un mondo ricco e soprattutto non ha paura. Il Napoli, come squadra, quest’anno ha avuto paura. Questione di carattere. Non è un caso che non abbiano mai perso al San Paolo davanti al proprio pubblico, dove si sono sentiti al sicuro e in trasferta sono crollati psicologicamente".
Oltre Higuain, quale giocatore l’ha colpita maggiormente? "Mi ha impressionato la crescita dei difensori, il buon utilizzo da parte dell’allenatore di Hamsik e poi, su tutti, Callejon. Ha fatto una stagione di grande sacrificio sulla fascia. Era un po’ quello che chiedevo sempre a Carnevale di fare e non ha mai fatto".
Maradona ha vinto due scudetti. Senza Careca e Giordano, li avrebbe vinti da solo? "Non credo. Ma non ho la controprova".