Napoli Calcio - Intervistato dal Corriere del Mezzogiorno, Fabio Cannavaro racconta la sua esperienza in Cina. Ecco alcuni passaggi:
Cannavaro, ci racconti la sua Cina.
«Un Paese che mi ha aperto la mente. Soprattutto sono cambiato io nel frattempo. L’esperienza ti aiuta a crescere, a vivere intensamente in un luogo diverso, a trarne insegnamento. E a capire anche che nella vita, a un certo punto, esistono delle priorità. Facile sacrificare la famiglia quando hai la certezza che puoi vederla di tanto in tanto ma poi la pandemia ha cambiato tutto. Ci sono stati momenti in cui gli affetti mi sono mancati in maniera asfissiante. E questo soprattutto negli ultimi due anni: il Covid ci ha insegnato delle cose e mi ha indotto a una riflessione».
Cosa l’ha convinta a tornare definitivamente a casa?
«Sei bolle in due anni, la più lunga di 72 giorni. Quella più corta è durata un mese. Lunghi periodi in cui all’inizio provi ad adattarti, comprendi che è l’unico sistema per fronteggiare la pandemia. Poi però sei da solo, lavori e basta. Che va anche bene, ma ho perso troppe cose, non ho seguito la crescita dei miei figli. Li ho visti due volte. Natale senza gli affetti, un banale compleanno in videochiamata compatibilmente con il fuso orario. È diventato pesante, troppo. E quindi un mese fa ho comunicato alla società, il Guangzhou, che non sarei rientrato. Mi hanno chiesto di aspettare, ripensarci. Anche lo scorso anno avevo chiesto di risolvere il contratto».
E adesso?
«Voglio allenare, mettere a frutto l’esperienza fatta».
Ma a Napoli la panchina è occupata.
«E anche bene perché Spalletti sta andando alla grande. Però sognare non fa male».