Sul canale YouTube di Napolità è uscita la video intervista realizzata da Sasà Pengue a Francesco Baldini, ex giocatore del Napoli, Genoa e Juventus (tra le altre) e allenatore:
"Ho fatto 6 stagioni a Napoli, sono stato poi a Reggio Calabria e il destino ha voluto che ci giocassimo la Serie A proprio con Napoli che fa parte della mia vita, dove ho lasciato un pezzo di cuore. Quando sono tornato, il Napoli si avviava al fallimento, un periodo davvero triste. Dissi al mio procuratore Fedele che avrei cambiato Napoli solo con Genoa o Torino, con nessun’altra. La famiglia Fedele fu brava, mise in piedi questa trattativa e andai a Genova. Mi rende orgoglioso aver indossato la fascia da capitano sia a Napoli che col Genoa. Sono due piazze incredibili per pubblico, calore, attaccamento alla maglia, per tantissime cose. Ho sempre pensato che si assomigliassero molto".
NON ENTRA PIÙ ALLO STADIO EX SAN PAOLO - "Dopo l’ultima partita che ho giocato al San Paolo, non sono più entrato al Maradona. Quando sono andato via, dopo la settima stagione, qualcosa in me si è rotto: per me il calcio era Napoli, è il Napoli, ma era un Napoli disastrato e indossare la fascia di capitano in quel momento, in mezzo ad un miliardo di difficoltà, la cosa cui pensavi meno era la partita e non è stato assolutamente semplice".
IL NAPOLI DI ANTONIO CONTE - "Antonio Conte sta facendo qualcosa di importante a Napoli. Se vediamo dov’è arrivata la squadra lo scorso anno e in quanto tempo l’ha portata dove merita di essere, viene fuori il grande lavoro di un grande allenatore. Caratterialmente, tecnicamente, tatticamente è un top e il Napoli meritava un allenatore top. È stato bravo a cambiare in corsa, adattandosi ai suoi giocatori, mettendoli nelle condizioni di rendere al meglio, quindi gli do grande merito di questa situazione di classifica. Mi ricordo benissimo le critiche ricevute dopo la partita contro il Verona, c’era già chi gridava all’esonero".
ANTONIO CONTE EX COMPAGNO DI SQUADRA - "Io ero un ragazzino, la Juventus aveva lui, Baggio, Julio Cesar, Vialli e io e Del Piero che eravamo più piccoli, venivamo spalleggiati tra le camere e dovevamo stare alle loro decisioni (ride, ndr). In campo, Antonio era quello che vediamo in panchina. Un ragazzo che aveva 7 polmoni, correva per tutti. Un allenatore già in campo? Era concentrato a giocare, una macchina da guerra".