Auricchio risponde a Moggi: “Ha detto una sciocchezza, non abbiamo mai indagato su Perugia-Juventus. C'era una cupola che gestiva le designazioni, Facchetti non commise illeciti. Vi racconto tutta la verità su Calciopoli”

Le Interviste  
Auricchio risponde a Moggi: “Ha detto una sciocchezza, non abbiamo mai indagato su Perugia-Juventus. C'era una cupola che gestiva le designazioni, Facchetti non commise illeciti. Vi racconto tutta la verità su Calciopoli”

Attilio Auricchio, tenente colonnello dei Carabinieri, oggi sub commissario del Governo su Bagnoli, ha parlato nel corso della trasmissione “A pranzo con Umberto Chiariello” in onda su Radio CRC. Ecco le sue parole riportate dal comunicato stampa diffuso dall'emittente radiofonica: 

Come nasce l’inchiesta su Calciopoli?

“Partiamo dai fatti. Le società a quei tempi si iscrivono al campionato con i conti in regola che raggiungevano con una fideiussione che garantiva il disavanzo. L’anno prima di Calciopoli ci fu una denuncia poiché le società che emettevano le fideiussioni venivano categorizzate come società finanziarie. Una diatriba tra uomo e donna di una delle società con sede nelle Marche per questioni completamente diverse da questioni calcistiche e finì con una denuncia e da lì l’indagine nacque come attività fraudolenta da parte di società finanziarie. Scoprimmo come si reggeva il campionato di calcio si reggeva su fidejussioni con un soggetto all’interno della Federcalcio. Partimmo seguendo queste fidejussioni che all’epoca definimmo bombardine. Le società erano vittime: finanche il Napoli fu coinvolto nel 2004 e che si riuscì ad iscriversi con questa fidejussione. Da quella attività sviluppiamo indagini sulla Federazione dopo la denuncia del funzionario. Acquisimmo un know how importante sul disavanzo coperto dalle fidejussioni su cui intervennero Banca d’Italia e Consob. Fu uno scandalo pesante”. 

Lo stesso Auricchio continua e precisa:

“A Napoli i magistrati Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci avevano un’inchiesta in questi mesi sul calcioscommesse ai margini di alcune partite di Serie A e Serie B e volevano approfondire questo filone con il nostro reparto investigativo di Roma. Ci girarono una prima delega e svilupparono delle dichiarazioni che avevano raccolto su alcuni arbitri. Nell’arco dell’estate l’ipotesi di indagine sulle attività che ci conferì la procura e a settembre facemmo delle proposte investigative. Parliamo di una storia verificata. Trovammo due ipotesi investigative: una di frode sportiva nell’alora vecchia formulazione di questa ipotesi di reato e l’altra era che anche la frode sportiva fosse connessa ad una serie di comportamenti organizzati e logistici che alteravano l’aspetto economico e finanziario delle società. In quel momento in auge c’era la GEA World. Si affacciava sui meccanismi del calcio italiano più profili, con allenatori e calciatori gestiti. Trasparivano profili di illiceità. Gli effetti dell’attività sono l’accusa a chi ha investigato e quindi indebolimento del fronte investigativo.

  

“La figura di Moggi era una figura centrale della nostra indagine. Figura centrale nel calcio italiano. A distanza di vent’anni mi sento di dire qualcosa che non ho mai detto: in grande sinergia con la Procura, non abbiamo fortemente voluto un’attività investigativa eccessivamente invasiva. Non abbiamo fatto altro che raccogliere gli elementi probatori. Avevi i due designatori arbitrali che dovevano fare le griglie. Se questi designatori assieme ad un dirigente di una società, come Moggi, gestisce un sistema per cui compro schede estere, mi sento con loro nottetempo per stabilire se le griglie che hanno scritto sono gradite oppure no. Io non ho mai sentito Facchetti che vada in Svizzera a comprare una scheda per Bergamo come, invece, Bergamo ha ammesso che ha fatto Moggi. Io ho dovuto giurare in udienza a declinare che io tifassi Inter. Pensavano che la nostra azione inquirente fosse stata mossa da Moratti e dall’Inter. Paparesta fu chiuso dentro da Moggi: il giorno dopo si scusò. Gli arbitri avevano il timore. Oggi c’è il Var. Perché solo Massimo De Santis fu condannato Calciopoli, dopo 20 anni, è ricostruzione storica. Quando parli di un iter con prescrizioni, reati caduti man mano, tre gradi di giudizio è ovvio che porta a conclusioni diverse. C’era una cupola? Sì. Perché il filone Inter è stato stralciato.Aiuto di Guido Rossi? Assolutamente no, lo escludo. La giustizia sportiva fu molto tempestiva. Mentre la giustizia ordinaria ebbe modi diversi. Mastella, all’epoca Ministro di Giustizia, adottò, invece, una sorta di indulto. Facchetti chiamò Pairetto? Non è un reato. I due designatori chiamavano Moggi sulle schede straniere di notte per comunicazioni riservate girate poi, ad alcuni arbitri. È diverso chiamare un designatore per lamentarsi, non è mica reato. Un conto è dire: “La terza volta che ci mandi quest’arbitro che ci danneggia: non è reato. Mandare tre volte un arbitro a quella squadra è un altro conto. L’inchiesta dell’Espresso che pubblicò documenti inediti durante la nostra inchiesta uccise il nostro lavoro. Fu un grande scoop, ma ha una matrice, un movente. Cui prodest? Chi si avvantaggiò Ha indebolito il fronte investigativo. Zeman aveva ragione sulle sue dichiarazioni Si, è sempre stato un uomo adamantino“.

Sulle dichiarazioni di Moggi dopo Atalanta-Como con riferimento a Perugia-Juve del 2000?

“È stata una persona al centro della più importante inchiesta italiana sul calcio ed è stato radiato con protervia di ricorsi. Non è mai stato trattato con superficialità. Da uomo lui cerca di ricostruire il proprio nome, potendo chiaramente contare su un impianto di comunicazione ben preciso. Il commento alla moviola di Biscardi che valore avrebbe oggi con il VAR. Moggi ha detto una sciocchezza con le sue dichiarazioni: non abbiamo mai investigato sulla partita tra Perugia e Juve. Moggi mi ha anche augurato di pagare all’altro mondo. Non è mai stato un processo contro la Juve. Pensate che il procuratore Lepore scherzava sostenendo che costringemmo il Napoli a fare la Serie B più tosta di sempre con la Juve. Non ci sono mai stati problemi di tifo o di appartenenza”.

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