Per attribuire maggior trasparenza e fiducia nel sistema calcio è stata introdotta la VAR. Si era giunti sostanzialmente ad una situazione in cui chi stava a casa sulla poltrone poteva stabilire meglio se un episodio potesse essere fallo o meno.
L’assistenza agli arbitri, però, è stata introdotta (come ribadito più volte) per intervenire nelle circostanze decisive e là dove non vi sia interpretazione. Per chiarire meglio il concetto, se c’è soggettività nel definire un fallo la VAR non può essere mai chiamata in causa.
E’ ovvio che in questo secondo anno le cose siano cambiate rispetto al primo. Doveva migliorare e smussare ancora piccole incertezze che invece non solo permangono, ma aumentano, a causa di un protocollo troppo stringente e di un sistema ancora caotico.
In primis: la VAR interviene solo se l’errore dell’arbitro è chiaro ed evidente. E’ capitato, e di episodi ce ne sono vari, che in alcune situazioni la tecnologia non sia intervenuta e il motivo non sia ancora ben noto. Cosa vuol dire chiaro ed evidente? Sia la definizione "chiaro" che "evidente" sono di per sè soggettive e quindi interpretabili. Già questo basta per cadere in errore.
Questo perché, e arriviamo al terzo punto per poter migliore, le discussioni in cuffia tra arbitri sono segrete. Uno spettatore può vedere le immagini che l’arbitro sta visionando allo schermo, ma non può sapere cosa si stiano dicendo arbitro e cabina di assistenza. Quindi vi è ancora un difetto di trasparenza.
Ancora, vi è (ed è inutile negarlo) una sudditanza tra VAR e arbitro in campo. Entrambe le parti sono AIA, ma capita che vi sia un giovane direttore di gara in cabina che all’occasione debba dire, magari ad un arbitro esperto considerato suo superiore, di rivedere un fallo perché ha sbagliato. Questo crea un conflitto sul piano professionale facilmente risolvibile. Ci deve essere una sezione di esperti che esercitano solo all’interno delle cabine VAR e che non siano arbitri di campo. Provate voi a dire al vostro capo che sta sbagliando...
C’è poi un passaggio da fare ma si tratta di un percorso di crescita di mentalità. E sta negli arbitri. Perché, è vero che risulta difficile per chi ha sempre diretto le gare solo con il fischietto in bocca andarsi a rivedere un’azione durante la gara allo schermo. Ma è pur vero che che alcuni tesserati AIA hanno bisogno di un bagno di umiltà. E la correzione del VAR la devono vedere come un'opportunità di evitare una magra figura, non come una puntura nell'orgoglio.
Incompetenza o errore di turno. Deve essere chiaro al lettore e al tifoso che la tecnologia arriva fino a dove può. Poi, anche rivedendo le cose davanti ad uno schermo l’arbitro può sbagliare. Cosa accaduta già in questo campionato. Allora lì deve subentrare una meritocrazia più rigida nel sistema. La scelta e la sospensione degli arbitri (che vengono pagati anche a gettone gara per gara) deve essere più selettiva. Non basta solo un regolamento chiaro, bisogna avere anche uniformità di giudizio nell’applicarlo. Chi non lo fa non riesce a garantire determinati standard di qualità all'organismo AIA.
Non è un caso che non sia mai stato fatto cenno a questo o a quell’episodio. Per evitare qualsiasi tipo di campanilismo, l’uso della tecnologia va migliorato e va ribadito nel modo più asettico possibile.
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