di Fabio Cannavo (Twitter: @CalcioNapoli24)
Nativo di Torre Annunziata, in provincia di Napoli, ma la sua carriera si è tinta anche di gialloblù. Un'esperienza biennale in Veneto, con la maglia dell'Hellas Verona, società rivale al Napoli per discorsi territoriali e non. Antonio Marasco è l'ospite della settimana di CalcioNapoli24.it che l'ha raggiunto, in esclusiva, per farsi raccontare tutto, dalla sua esperienza al Bentegodi al mancato passaggio al Napoli in extremis.
L'esordio tra i professionisti col Savoia, poi il passaggio ad Avellino. E Napoli? Come mai non figura tre le sue esperienze professionali? "In realtà ci sono andato molto vicino, ti racconto. Quando giocavo a Palermo, ero in procinto di passare al Napoli insieme a Giuseppe Mascara, in cambio di Roberto Stellone che sarebbe dovuto trasferirsi in Sicilia. Poi i medici del Napoli si accorsero di un problema al retto femorale di Mascara e l'affare saltò, ma io ero già in aereo verso Napoli. Volevo andare via da Palermo e chiesi a Carpeggiani di trovarmi una squadra e questa squadra era il Napoli".
C'è stata, invece, l'occasione di vestire la maglia di un grande club italiano? "Il club importante per me sarebbe stato il Napoli. Non avrei voluto altro che giocare con gli azzurri, per un campano è la massima aspirazione".
Due anni a Verona. Prima in B, poi in A, e in panchina c'era un giovanissimo Cesare Prandelli. Quanto devi a lui? "Ero il suo fedelissimo, ho giocato quattro anni con lui, sia a Verona che a Venezia. Devo tanto a mister Prandelli, fu lui a volermi a Verona, scommetteva quasi sempre su di me. Sono onorato di poter dire che mi abbia allenato un certo Prandelli, signore dentro e fuori dal campo".
Potrebbe essere Napoli la squadra che gli permetterebbe di rilanciarsi nel mondo del calcio, se dovesse andare via Benitez? Anche in passato fu accostato agli azzurri. "Io dico sempre che se si vuole aprire un ciclo bisognerebbe farlo con un allenatore giovane, ma sono certo che Prandelli a Napoli porterebbe una ventata d'esperienza che farebbe bene anche ai giovani. Con tutto il rispetto per Rafa Benitez, un grande allenatore, ma sono convinto che il nome di Prandelli faccia al caso del Napoli".
Dicci la verità, a Verona ti hanno mai definito 'terun'? Episodi di razzismo? "Assolutamente no, ma era dovuto dal fatto che quando scendevo in campo davo sempre il massimo e i tifosi del Verona mi apprezzavano soprattutto per questo. Pensa, a Verona mi è stato dedicato anche un club calcistico".
Invece, quando tornavi per le ferie a Torre Annunziata? C'era qualcuno che non digerì la tua scelta di trasferirti al tanto 'odiato' Verona? "Sì, questo sì, ma avrebbero dovuto accettare la mia scelta. Il Verona credette in me e potevano dire qualsiasi cosa, non me ne sarebbe importato".
Come pensi si possa ovviare ai cori razzisti contro i napoletani? "Avrei detto facendo delle multe, ma anche queste non servono a far cambiare le cose. Purtroppo parliamo di gente stupida, si tratta di gruppetti che andrebbero indivuduati e messi da parte. Bisognerebbe fargliela pagare. Poi penso a come hanno risolto i problemi con gli hooligans..."
Dal Venezia al Palermo, nell'operazione che portò la società rosanero nelle mani di Zamparini. Eravate in dieci ad esser stati trasferiti. Come viveste quella situazione molto singolare? "Vi rivelo un piccolo dettaglio. Io sapevo già da tempo che Zamparini sarebbe andato via da Venezia. Venne da me e si sfogò. Mi disse che sarebbe diventato il presidente di un grosso club del sud Italia. Io pensai al Napoli. A gennaio tornò da me e mi chiese se volessi accettare una proposta dell'Atalanta in A, ma rifiutai sempre nell'ottica di quel famoso passaggio che io pensavo avvenisse a Napoli. Gli dissi: 'Presidente, io voglio seguirla ovunque vada". Poi a fine stagione ci comunicò che la squadra presa era il Palermo del presidente Sensi. Zamparini voleva lasciare Venezia, voleva costruire lo stadio e non gliene diedero modo".
Che personaggio è Zamparini a telecamere spente? "E' un vulcano, è così' come lo vedi. Dice sempre le cose in faccia, non è abituato a parlare dietro le spalle, anzi. Non mi sono mai scontrato con lui".
Concedimi una piccola battuta. Ma come? Un campano che affilia la propria scuola calcio 'Mara8' alla Juventus? "(Ride ndr.) Ma no. Diciamo che è durata poco l'affiliazione. Furono gli stessi genitori a chiedermi di non legarci ai colori bianconeri. Io seguì la loro proposta, non volevo passare per juventino (scherza ndr). C'è, però, da dire una cosa. A Napoli e in Campania non ci sono le strutture per far sì che alcuni ragazzi sviluppino le proprie capacità calcistiche, per cui andai al Nord a chiedere un legame, tutto qui".
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