di Antonio Anacleria - Twitter: @NinoAnacleria
Una stagione fantastica quella di Kalidou Koulibaly che ha offerto continue prestazioni maiuscole col Napoli di Sarri, perfezionando non solo la fase difensiva, ma soprattutto affinando il passaggio, la verticalizzazione e l'inserimento. Oltre alle ottime prestazioni in azzurro, il difensore classe 1991 ha anche avuto un ruolo chiave nel cammino del suo Senegal, che ha trascinato ai quarti di finale. Un peso specifico enorme in ogni competizione a cui ha partecipato e contro qualsiasi avversario affrontato, al punto che sembra quasi incredibile pensare che il roccioso centrale difensivo è arrivato a Napoli per poco più di 8 milioni di euro, ritenuto un colpo secondario, tra l'anonimato e i dubbi della piazza. La stessa piazza che ora urla il suo nome, lo difende dall'ignoranza degli insulti razzisti e quasi supplica affinché non parta per altre mete. Di questo e non solo ne abbamo parlato in esclusiva con un suo connazionale, Pierre Preira, nonché presidente della comunità senegalese campana.
Grande exploit di Kalidou, quella certa somiglianza tra Dakar e Napoli forse ha aiutato?
"Assolutamente sì. Offrire il thè è per noi un rito, proprio come per voi quando offrite il caffè all'ospite. Il napoletano e il senegalese hanno molto in comune, soprattutto nell'onorare l'ospite: entrambi cercano di metterlo a proprio agio e di trattarlo benissimo. Ma non solo questo: entrambi sono aperti e comunicativi, anche con gli sconosciuti. Noi e i napoletani facciamo subito amicizia. In Senegal lo chiamiamo teranga, che è un termine importante nella nostra cultura, infatti i giocatori della nostra Nazionale si chiamano Leoni della Teranga. Significa ospitalità, che è quello che Koulibaly ha sentito venendo a Napoli".
La teranga di Napoli è abbastanza per trattenerlo in azzurro o crede che cederà alle tentazioni inglesi?
Come convincerebbe Keita ad abbandonare Roma e la Lazio per trasferirsi a Napoli?
"Lui è il futuro del Senegal e alla Lazio è sprecato perché non gioca molto. Gli direi che qui a Napoli c'è il calore e l'atmosfera che ha trovato quando è ritornato in Senegal durante l'ultima Coppa d'Africa. Sarebbe in un ambiente amichevole e caldissimo".
Cosa sarebbe disposto a fare lei e tutta la comunità che rappresenta per far vincere lo scudetto al Napoli e la prossima Coppa d'Africa al Senegal?
"Innanzitutto sarebbe bello incontrare Koulibaly per fargli sentire il nostro calore e dare inizio ad una grande mobilitazione. Sicuramente noi andremo di più allo stadio, in gruppo, portando sugli spalti la nostra musica e il nostro calore. Io su tutti, che amo il calcio e spero di vedere una partita quanto prima".
Nato in Francia, prime partite con l'Under 20 dei Blues e poi ha scelto la nazionale senegalese. Perché?
"Sicuramente i genitori sono stati determinanti nella sua scelta. Anche prima di lui abbiamo altri esempi di giocatori con la doppia cittadinanza, e anche per loro i genitori sono stati decisivi. È una sua scelta, ma il padre e la madre hanno influito".
E' un momento un po' complesso per i musulmani, spesso ingiustamente emarginati ed additati a causa di pochi fondamentalisti. Che messaggio vorrebbe lanciare al mondo?
"Io sono cattolico ma sto benissimo con i musulmani. Se io avessi passato venerdì santo in Senegal avrei mangiato con i musulmani, condividendo un piatto tipico che preparano i cattolici senegalesi. E' tradizione che cucinino questo piatto dolce e che ne si prepari una grande quantità perché poi si invitano amici e conoscenti a casa. Poi i musulmani fanno la stessa cosa invitando i cattolici a cena durante la "festa del sacrificio". È un momento complesso in cui non si scambiano opinioni ma si urla e chi urla più forte fa passare gli altri come mostri. Le religioni devono collaborare e imparare, cercando di eliminare questo stereotipo del musulmano cattivo, che è falsissimo perché in Senegal non è mai successo nulla. Lo stesso Koulibaly è musulmano! Lui viene spessissimo a Piazza Garibaldi a comprare la carne in alcuni negozietti che vendono prodotti marchiati come halaal, ovvero lecito in quanto trattato secondo i dettami della religione, a differenza dei prodotti che sono haram, proibiti".
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