Esperienza, passione e tanto sacrificio. Il nome di Carmine Gautieri, che per anni ha calcato i campi da calcio italiani, ora ritorna, da allenatore, in attesa di panchina. Centinaia di presenza tra i professionisti e 71 gol, l’ex esterno destro di Napoli e Roma è intervenuto in esclusiva ai microfoni di CalcioNapoli24.it per commentare il match di domani e non solo:
La sua carriere inizia nel Campania Putolana dove la allena Claudio Ranieri, tra l’altro esonerato e poi richiamato quella stagione. Che tipo era?
"Mister Ranieri era un grande allenatore, si vedeva già all’epoca. Era un vero signore, una persona che ti faceva stare bene, che aveva grande rispetto verso i suoi giocatori, soprattutto i giovani della squadra. Era una brava persona. Quell’anno, poi, venne anche esonerato prima di essere richiamato. Feci solo cinque mesi con lui, ma ho un grandissimo ricordo”.
E’ il 1989, passa alla Turris, dove viene allenato da Amarildo, o garoto.
“Amarildo era un allenatore importante, con una mentalità molto diverso dagli italiani che allenavano. Ho un grande ricordo anche di lui, ci ho fatto due anni stupendi, ho imparato tanto”.
Quindi il ritorno ad Empoli. Anche allora Vincenzo Montella era così sorridente?
“Sì sì, era solare. E’ sempre stato bravo, sia come giocatore che come allenatore.
C’era anche Guidolin.
“Era un grande, un ottimo allenatore”.
Passa al Cesena dove, come compagno in attacco, si ritrova un certo Dario Hubner.
“Sì, c’era Dario. Me lo ricordo benissimo, fece una caterva di gol (ride, ndr). Ci aiutò tantissimo, bastava poco per farlo segnare. Era taciturno, silenzioso, si faceva sentire in campo. Era importantissimo per lui, quell’anno fece la differenza, mi ci trovavo molto bene”.
Nel 1993 diventa un calciatore del Bari. Poco dopo, nel 1995, in Serie A viene adottata la regole dei tre punti. Com’è cambiato il calcio da allora?
“Oggi è meglio vincerne una che pareggiarne due. Il calcio è cambiato, tanto. In certe situazioni ci si accontentava del pareggio, mentre oggi deve per forza vincere perché il pareggio è un solo punto. Il calcio è diventato più offensivo, da quel giorno è cambiato tantissimo. Gli allenamenti si sono evoluti, col tempo migliorano sempre, e da allora sono cambiati”.
Lei sarà uno dei protagonisti di quella stranissima annata del 1996: la squadra segna, e tanto, Igor Protti è il capocannoniere con 24 gol ma retrocedete. Cosa non funzionò?
“Fu un annata stranissima, esatto. Avevamo il capocannoniere del campionato in squadra ma non riuscimmo a salvarci. Però ci togliemmo delle soddisfazioni, ricordo la vittoria contro l’Inter. Però facemmo un campionato strano, scendemmo malgrado un campionato discreto. Non so cosa non funzionò, quando succedono cose del genere è difficile trovare delle motivazioni. Diciamo solo che non facemmo tutto al massimo”.
Nel 1996-1997 gioca nel Perugia, insieme ad Allegri e Gattuso. Com'erano?
“Avevo un ottimo rapporto con Max, già allora era un allenatore in campo, un ottimo allenatore in campo. Era un bravo ragazzo, ci stavo bene insieme. Gennaro, invece, era solo un ragazzo. Rimase poco prima di andare in Scozia”.
Nel 1997 fa il salto di qualità aggregandosi ad una Roma che parla portoghese: Cafu, Sergio, Aldair, Zago, Vagner. Fantasia e qualità nelle mani dell’offensivista Zeman..
“Sì, era una rosa competitiva, molto. C’erano tanti giocatori, tutti forti. Era una squadra di grande qualità, interpretavamo un bel 4-3-3, arrivammo quarti ed oggi, se arrivi quarto in Serie A, collezioni un grande risultato. C’erano molto stranieri, ma forti, che portavano qualcosa in più. Molti avevano da poco vinto il Mondiale, come Aldair e Cafu. Era una grande rosa".
Com’era il suo rapporto con Zeman?
“Bellissimo. E’ un allenatore preparato, molto serio. Era l’allenatore di tutti, allenava in campo e fuori dal campo. Persone brave ed oneste come mister Zeman ce ne sono pochissime al giorno d’oggi”.
Nel 1998 assiste ad un evento storico: il 31 ottobre Aldair lascia la fascia da capitano a Francesco Totti.
“Mi ricordo quel giorno. Aldair era il simbolo di Roma, ma capì che in prospettiva Francesco sarebbe potuto diventare un giocatore importante. Aldair era un campione, dentro e fuori dal campo”.
All’inizio del nuovo millennio gioca a Piacenza con un giovane di belle speranze: Alberto Gilardino. Se lo immaginava sul tetto de mondo?
“Sì, si vedeva che era un giovane di grandissime prospettive. Aveva fame, voleva arrivare, cresceva di giorno in giorno. Si impegnava tantissimo in allenamento, imparava e questo ha fatto la differenza”.
L’anno dopo viene allenato da Walter Novellino, un tecnico con cui non è proprio facile andare d’accordo, come ci ha rivelato Stefano Lombardi in passato
“Era un allenatore molto pignolo, vuole tutti concentrati e sempre sul pezzo. Ha vinto molto, era preparato. Ogni allenatore ha un suo modo di allenare, ma non credo che qualcuno si sia trovato male con lui. Certo, era un po’ particolare, molto diretto. Ciascuno di noi ha il proprio carattere, basta capirsi”.
Quindi abbandona l’Emilia-Romagna per trasferirsi a Bergamo, dove resterà fino al 2005. Come ha reagito all’ammissione di Doni sul calcioscommesse?
“Non voglio parlare di queste cose, posso solo dire che ci ho giocato ed era un ragazzo straordinario ed un calciatore molto forte. Quando seppi cosa era accaduto, mi dispiacque molto”.
Capitolo Napoli: un amore mai sbocciato. In azzurro appena 5 presenze, un gol alla Fermana e subito l’addio. Cosa accadde?
“Decisi di cambiare, non ero riuscito ad ambientarmi pur essendo napoletano. Volevo essere corretto nei confronti di chi mi pagava e dell’ambiente ed ho preferito andarmene. Quando un giocatore non ha gli stimoli giusti per dare il massimo, deve andare via e rinunciare qualcosa, come ho fatto io rinunciando ad un bello stipendio per andare a Piacenza. Se non stai bene, devi andare via”.
Perché non è riuscito ad ambientarsi, napoletano nel Napoli?
“Tante situazioni. Con Ventura sono stato bene, sono stato bene con Reja, sono stato bene anche con De Laurentiis. Però qualcosa non andava per me, la società mi mise a disposizione tutto e di più, ma fui io a non sentirmi bene lì. Forse, essendo stato 20 anni fuori… Ho sentito il bisogno di cambiare”.
Aver abbandonato subito il Napoli è un suo rimpianto?
“Sono orgoglioso di essere stato parte del progetto Napoli, anche se per poco. Ho vestito con fierezza la numero 10, una maglia importante. Sono contento dei risultati che sta facendo De Laurentiis e, per me, ci sono tutti i presupposti per far diventare il Napoli un top club".
Nel 2005 gioca nel Pescara allenato da un certo Maurio Sarri. Dalle alcune dichiarazioni del tecnico, che ha detto: “Abbiamo dovuto fare tutto di corsa, però abbiamo scelto i giocatori che ci servivano”, sembra che lei sia stato scelto proprio dal toscano.
“Sì, con Sarri c’è stato un grande rapporto. Mi ha chiesto lui e grazie a lui sono migliorato tantissimo, mi ha fatto crescere e anche tanto”.
Quindi li chiede i giocatori, a differenza di quanto dice spesso
“Senza dubbio parlerà con De Laurentiis. Il fatto è che noi allenatori parliamo a quattr’occhi con i presidenti, in una stanza chiusa. E, ovviamente, nulla filtra fuori da quella stanza".
Un commento sull'allenatore?
“Sarri era il tecnico che è oggi al Napoli. E’ sempre stato questo, solo ad Empoli e al Napoli, però, i presidenti lo hanno capito e gli hanno dato fiducia ed oggi è tra i migliori d’Europa. Ma il Sarri di oggi è quello di Pescara, oggi sono tutti bravi a parlarne bene. Quando firmò col Napoli, però, tutti erano scettici e quando i risultati non arrivavano tutti lo attaccavano. Corsi, presidente serio ed intelligente, e De Laurentiis, lo hanno capito”.
Come reagiste quando vi chiese di mettere solo scarpini neri?
“Lo abbiamo fatto, senza problemi. Chi fa questo lavoro dev’essere professionale ed accettare le richieste dell’allenatore, i giocatori devono seguire il tecnico senza problemi”.
Da allenatore zemaniano ed ex esterno destro: un commento su José Maria Callejon?
“E’ uno di quelli esterni che c’erano un tempo, è straordinario. In Serie A ci sono solo due esterni fortissimi che fanno le due fasi bene: Callejon e Cuadrado della Juventus. Purtroppo non ce ne sono più di esterni alla Callejon”.
Alberto Cerri, della Juve, è il fidanzato di sua figlia. Luigi Sepe, invece, il marito di sua nipote. Immagino che i due si siano incontrati…
“Sì sì, hanno anche giocato contro. E’ normale che nel calcio ci si incontri. Quando Juve e Napoli giocano contro, si scherza, si fanno delle battute, è normale. Fa parte del gioco".
Stasera c’è Napoli-Roma: un pronostico?
“Si incontrano due squadre importanti, con tanti giocatori forti. Il Napoli sta benissimo ed ha una media punti seconda soltanto al Manchester City, giocano uno dei migliori calci d’Europa. Contro avranno la Roma che dopo essere partita bene sta vivendo un periodo di difficoltà, ma in panchina hanno un grandissimo come Eusebio DI Francesco. Non so come finirà, ma sarà una bella partita”.
di Antonio Anacleria - Twitter: @NinoAnacleria
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