Il telefono squilla, e Francesco Flachi risponde. Prima, però, c'è una premessa da fare: "C'è un problema: ho il cellulare quasi scarico, ma tra tre minuti arrivo al locale e lo metto in carica così mi richiami. Nel frattempo se vuoi, iniziamo...". Beh, a questo punto la lunga chiacchierata esclusiva di CalcioNapoli24 con l'ex attaccante della Fiorentina e della Sampdoria non può che iniziare. Il rischio di perdere la linea lo si può anche correre...
Innanzitutto il tuo rapporto col calcio e con l'Isolotto, la tua prima società: come nasce?
"Nasce in un campeggio estivo al mare (ride, ndr): a quei tempi, quando hai sei-sette-otto anni, non c'erano le scuole calcio perciò si giocava in strada. Mio padre aveva giocato tra i Dilettanti e l'Eccellenza in Toscana: dove andava lui ad allenarsi, c'ero anch'io. Detto questo, ero in questo campeggio e c'era un signore che durante un torneo tra campeggi disse a papà 'perchè non lo porti all'Isolotto?'. Era un dirigente: è lì che nacque tutto, ma io vengo dalle piazze (ride, ndr): ero già un 'praticante' del calcio a partire dalla strada...ed è quello che ha fatto la differenza"
Ho letto che tua nonna ti promise un po' di soldi per ogni gol segnato...
"Mi dava cinquemila lire, sì...le levavo la pensione! (ride, ndr)"
E di gol all'Isolotto ne hai fatti molti, no?
"(ride, ndr) Anche perchè giocavo con tre squadre: i '75, i '74 e qualche volta anche con i '73...ogni domenica qualcosa le portavo via!"
E pensare che da piccolo saresti potuto arrivare al Napoli...
"E' vero, sì. Ero praticamente del Napoli, avevo 12 anni e venni a Soccavo: stetti tre giorni con il Napoli, venivano a mangiare i calciatori della prima squadra. Vidi gli allenamenti di Maradona, stavo per firmare: Moggi mi chiamò a casa per prendere tutti i dati ma mia madre, che aveva un carattere un po' fragile... si mise a piangere. Avevo 12 anni: andare via di casa per un'altra città, un'altra dimensione ed un altro tipo di vita...mamma la prese male, a quel punto mio padre cercò di temporeggiare e si mise d'accordo con la Fiorentina".
Da fiorentino, cosa significa la chiamata della società viola in giovane età?
"Essendo un fiorentino tifoso della Fiorentina...per un ragazzo giovane penso sia una delle cose più belle. Credo che giocare con la maglia della propria città faccia enormemente piacere, perchè ti dà quella carica in più. Nel settore giovanile della Viola vinsi una Coppa Italia ed un Torneo di Viareggio, avevamo un bell'organico...poi nell'inverno del 1993 mi chiamò Ranieri per andare a giocare il torneo anglo-italiano (22 dicembre, ndr): entrai nel secondo tempo contro il Portsmouth, perdevamo uno a zero ma segnai e feci un assist (la Fiorentina vinse 2-3, ndr). Ranieri mi disse 'guarda, te non vai più in Primavera e rimani sempre in prima squadra'. A quel punto la carriera da professionista era iniziata..."
Se ti dico 4 settembre 1994 cosa ti viene in mente?
"L'esordio in Serie A contro il Cagliari: entro e faccio l'assist a Batistuta. Sono un almanacco io, ricordatelo (ride, ndr)"
Come mai la scelta di andare a Genova nel 1999?
"Mi assumo le responsabilità, non ho problemi a dirlo: a quei tempi avevo poco spazio, c'erano grandi campioni e quindi dovevo fare una scelta e questa mi portò ad allontanarmi da Firenze. Magari posso essere stato anche io a non rendere del tutto: la Fiorentina mi aveva sì fatto giocare, ma non partivano mai con l'idea di dire 'proviamo questo ragazzo, se va bene è un investimento per noi...se va male, lo facciamo ancora crescere'. Fondamentalmente, forse, la società non ci ha mai creduto...magari a sprazzi, poi lo ripeto: la colpa può esser stata anche mia, a diciotto anni ero ancora un ragazzino e potevo prendere le cose in maniera diversa. Non era facile giocare, comunque, c'erano grandi campioni come Batistuta e Baiano: capisci? La scelta di andare alla Samp nasce così, anche se avevo altre società che mi volevano..."
A questo punto la telefonata si interrompe, segno che il cellulare effettivamente si è scaricato e Flachi non è ancora arrivato al suo locale per metterlo in carica. Proviamo a richiamarlo subito dopo un suo messaggio "Eccomi, ci sono"...
...dicevamo, la Sampdoria?
"Avevo altre possibilità, potevo andare alla Roma via Udinese per non fare uno sgarro a Cecchi Gori...c'erano tante soluzioni ma la Sampdoria mi affascinava per via dello stadio e delle maglie: un po' per tutto, via. E poi perchè ci giocava il mio idolo, Roberto Mancini".
Ecco, la Sampdoria. Non accenno alla squadra, ma proprio alla parola Sampdoria: cosa ti viene in mente?
"Penso che a livello calcistico e di tifo...i tifosi blucerchiati, dal punto di vista della riconoscenza, mi hanno dato più di tutti nel mondo del calcio. Il rapporto con loro va oltre il campo, c'è affetto e abbiamo condiviso otto anni bellissimi. Tutto quello che abbiamo fatto a Genova lo abbiamo fatto solo per amore della Sampdoria e mai per interessi: dovevo andare al Monaco dopo tre anni, ero in scadenza di contratto e..."
E...?
"E...lasciai sul piatto nove milioni di euro per rimanere alla Sampdoria, dove avrei preso la metà. Nove milioni in tutto per quattro anni, rifiutai perchè nonostante Montecarlo potesse essere bella...io avevo bisogno di sentire il calore ogni domenica. Andare lì per fare la bella vita non sarebbe stato il mio prototipo di calcio: non era ciò che intendevo io"
Un momento della tua avventura alla Sampdoria? Provo a suggerirne uno, la doppietta in sforbiciata al Perugia nel 2003. Ma tanto lo ricordi bene, sei un almanacco...
"(ride) Guarda, quello sarebbe troppo facile! Ne scelgo un altro, il gol al Messina in un anno di B (il 5 maggio 2002 la Sampdoria vinse 2-1, ndr). Eravamo a cinque punti dalla zona retrocessione, fu un anno un po' strano nonostante avessimo una squadretta niente male: riuscimmo a metterci nei guai da soli, ma credo che quello fu il gol più importante di tutta la storia della Samp. Se non avessimo vinto la situazione sarebbe stata seriamente non facile per nessuno: quel gol lì, quello del 2-0, ci permise di andare a sei punti dalla quart'ultima e di restare tranquilli fino alla fine dal campionato. Non butto via niente dei miei otto anni alla Sampdoria, ricordo solo ciò che ho fatto bene: a parte le mie cazzate, non posso dire che ci sia stato qualcosa che abbia fatto male alla Samp..."
L'aneddoto più divertente, quello che ricordi con più piacere...
"A me del calcio piaceva vivere lo spogliatoio, scherzare con i compagni...sono quelle le cose belle, condividere le gioie ed i dolori, la preparazione della partita, non il 'giocato'...sono quelle cose lì, la condivisione, il soffrire ed il gioire assieme...è quello che manca, sono le cose più belle alla fine"
Però se dico 'sospensione per due mesi nel 2006' e 'squalifica per cocaina'...
"...due bischerate a livello personale, che ho pagato. Non ho fatto niente agli altri, se ho sbagliato l'ho fatto io. Quei due mesi di squalifica poi...non c'entravo proprio niente: mi misero in mezzo altre persone, ma le cose bisogna prima dimostrarle... Fu tutto un po' eccessivo, ebbi un tracollo psicologico: ero nel giro della Nazionale, avevo già segnato tre gol in campionato e dopo tre partite venni squalificato per due mesi. Quando poi, in altre situazioni, hanno squalificato calciatori soltanto a fine campionato. Mentalmente mi buttai un po' giù, certo la responsabilità è mia e tutto ciò che ho fatto di sbagliato l'ho pagato sulla mia pelle: non c'entra nessun altro. Peraltro si tornò a parlare di cose successe due anni prima, rivangare mi sembrò eccessivo..."
Cosa hai pensato in quei momenti? Immagino che i compagni ti furono vicini...
"In quei momenti non vuoi vedere nessuno, ti chiudi in te stesso e pensi a ciò che hai fatto e a ciò che potrebbe succedere. Finisci a ragionare per bene..."
C'è qualcosa che non rifaresti? Qualcosa di cui ti penti, o che rimpiangi...
"Rifarei tutto, sarebbe troppo facile tornare indietro: solo alcune cose non rifarei, ma ormai è successo e bisogna guardare avanti. Se ci si guarda indietro non se ne esce e non si diventa uomini, vado avanti per la mia strada: sorrido sempre, sapendo di aver fatto delle cazzate...ma fanno parte della vita. La questione importante è non ammazzare, non rubare e mai mancare di rispetto a nessuno..."
Il trattamento che ti viene riservato, ad esempio non puoi andare allo stadio per via della squalifica fino al 2021, dunque è esagerato?
"Vero, soltanto a Genova vado in curva..."
Senza scadere nel populismo, in Italia per cose molto più gravi si hanno pene decisamente minori...
"Non so, a questo punto davvero non so cosa pensare. Sono passati sette anni, mi auguro che qualcuno si ricordi di me per una riduzione...c'è gente che ammazza ed è libera dopo due anni. Che poi, pensa: io ho una scuola calcio, alleno i ragazzi ma alla domenica devo restare fuori dal campo. Capisco che se uno sbaglia debba pagare, sono già passati sette anni ma qui c'è gente che ammazza ed è fuori. Mi sembra eccessivo scontare dodici anni fino al 2021, nel calcio c'è chi ha fatto peggio di me e sta ancora giocando..."
Ti è rimasto qualche amico nel mondo del calcio?
"Qualche cosina sì, ma niente di particolare..."
Se dico Fabio Bazzani?
"Ecco, lui è stato il mio compagno d'avventura. Un grande ragazzo, lo sento una volta al mese ma è come se lo sentissi tutti i giorni. Sono rimasto in ottimi rapporti con lui, abbiamo condiviso anni importanti insieme"
Un altro attaccante col quale ti sarebbe piaciuto far coppia?
"Ho giocato con l'attaccante più forte di tutti...Batistuta il più forte no? (ride, ndr) Gabriel mi ha insegnato tanto nel modo con cui rapportarmi al calcio a partire dagli allenamenti: era una macchina da guerra anche lì, tra i giovani di oggi mancano esempi così"
Nel calcio perchè non si dice mai la verità?
"Perchè altrimenti il calcio finisce (ride, ndr)..."
Provo a spiegarmi meglio, allora: perchè il calciatore che incappa in qualche errore viene emarginato totalmente da un mondo del quale ha fatto parte per tanti anni?
"...credo dipenda da quello che uno ha fatto ed il modo in cui si è comportato, penso. Bene o male io ho una scuola calcio, alleno i bambini...sta alle altre persone andare avanti fino in fondo e capire se le cose sono cambiate. Io penso che tutti abbiano uno scheletro nell'armadio, nel calcio e nella vita normale: chi più e chi meno, ma chi l'ha fatto alla luce del sole parte svantaggiato..."
Intanto dopo il calcio hai una paninoteca ed un ristorante...
"Ho aperto due locali, sì. Ma lavoro anche per una radio a Firenze, per una televisione a Genova, ho una scuola calcio: il mio futuro me lo sono delineato..."
Spesso i calciatori vengono reputati come degli spendaccioni in grado di non sapersi gestire...
"Ci siamo dati una ridimensionata su tutto (ride, ndr)"
Segui ancora il calcio, no? C'è un toscano come Sarri che sta facendo bene...
"Per me l'è il numero uno! E' uno che viene dalla strada, è uno che pensa ciò che dice e lo dice bene...dice sempre la verità, e soprattutto l'è bravo...non ci sono parole per girarci attorno: è uno che dice le cose come stanno, e nel calcio ce ne sono pochi come lui. Sarri parla in faccia, è un sanguigno che viene dalla strada...ed il Napoli è la squadra che gioca meglio a calcio in Italia: sì, si può parlare di Higuain e della sua assenza...è vero, può mancare ma Sarri è talmente bravo nel far giocare la squadra..."
Dopo questa chiacchierata, una curiosità molto semplice ce l'ho: alla fine, cosa ti ha lasciato il calcio?
"Guarda, quello che viene e che verrà lo prenderò: sono uno che vive giorno dopo giorno, sono sette anni che ho smesso e mi sono adeguato alla vita post-carriera. E' normale, a livello mentale ho sofferto un po' ma ci sono altre cose: mi piacerebbe iniziare di nuovo, posso fare qualcosina di buono nel mondo del calcio. Se un bambino dev'essere cresciuto nel modo giusto, meglio di un esempio del ***** come me non c'è nessuno (ride, ndr). Questo per cercare di far capire alla gente che nella vita non bisogna mai buttare via un minuto di partita: e lo dico io, che ho buttato via il 40% della mia carriera per delle cazzate...meglio di me, in negativo, non te lo può dire nessuno. Poi dopo si vedrà: altrimenti resterò nel locale, sorriderò alla gente e gli farò i caffè..."
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