di Ciro Novellino
Ha vestito la maglia del Napoli, ma prima ancora quella dell'Atalanta. Ha lasciato l'azzurro poco prima che si toccasse il fondo ed ha girato un po' per l'Italia prima di diventare allenatore. Roberto Bordin è stato raggiunto dalla redazione di CalcioNapoli24:
'89-'93, '93-'97 sono gli anni trascorsi prima a Bergamo con l'Atalanta e poi a Napoli. Quali le insidie per gli azzurri in un campo ostico e dopo l'importante vittoria in Champions?
“Il campo dell'Atalanta è difficile anche per i corsi e ricorsi storici. E' quella bergamasca una tifoseria molto calda che sa stare vicina alla squadra. Dopo l'ultima vittoria, possono respirare ed essere più motivati e concentrati nell'affrontare una big come il Napoli”.
Si aspettava un Napoli protagonista in campionato anche senza Higuain?
“Me lo aspettavo anche se poi non è mai semplice confermarsi da un anno all'altro e dopo aver perso Gonzalo Higuain. Milik lo sta sostituendo bene, l'importante è che la squadra e la società siano vicine il più possibile: il Napoli può competere per vincere il titolo. Lavora bene per poter arrivare a quell'ultimo step che consentirebbe di essere una squadra top”.
La scelta di approdare in azzurro arriva da una richiesta: è stato Lippi a volerla
“Conoscevo il mister da quando era a Cesena. Poi il mio quarto anno a Bergamo fu con lui. Presi la decisione di trasferirmi a Napoli, anche se stavo bene lì, proprio perchè lo conoscevo e mi piaceva il suo modo di lavorare. Un allenatore che credeva nel gruppo e mi dava fiducia. Ho colto al volo questa possibilità, con un affare che portò poi Alemao a Bergamo”.
Napoli sempre sulla sua strada: il suo apporccio in A fu contro quello di Maradona...
“Si, ho esordito in serie A proprio contro il Napoli di Maradona. Napoli è sempre stata una tappa importante per me, lì ho raggiunto la coppa Uefa e ho consociuto amici con i quali mi sento ancora oggi. Senza dimenticare che ho toccato l'apice della mia carriera. Ho avuto il piacere di giocare contro Maradona, ma poi dopo qualche anno anche di vestire questa gloriosa maglia”.
Capitano del Napoli ma vice Mandorlini per anni a Verona, come si spiega questo odio profondo tra le due tifoserie?
“Difficile dirlo. Quando si parla di 'odio' diventa una cosa dura da digerire. I veronesi sono simpatici e la tifoseria è calda. L'odio è un sentimento che non capisco e non so spiegarmi, questo porta all'iniciviltà che mai dovrebbe esserci nel calcio”.
Ma quella qualificazione Uefa sfuggita al 94' per colpa di del vecchio, la ricorda?
“Quando perdi la possibilità di raggiungere qualcosa di importante è sempre difficile da mandar giù. A Napoli ho perso anche la finale di coppa Italia da capitano: sarebbe stata la ciliegina sulla torta. Vincere un trofeo in una città così, sarebbe stato speciale. La fortuna è che questo sport ti regala sempre la possibilità di rifarti”.
Alla luce di quanto visto fin qui, possiamo parlare di 'Sarrismo'?
“L'impronta del mister c'è e parte dalla passata stagione. Ha imposto il suo credo ed è andato avanti per la sua strada. Devo dire che la squadra oggi gioca a memoria e fa ciò che Sarri vuole. La difficoltà sta nel gestire la rosa ampia nelle tre competizioni e mantenere lo stesso livello di rendimento, ma quello che sta facendo è davvero soddisfacente. Il Napoli oggi ha un'impronta importante grazie a lui”.
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