"Ma non dovevamo parlare di Napoli-Spal?". Teoricamente sì, ma quando ci sono molti spunti di discussione è naturale che il discorso possa allargarsi ad altri temi, altre esperienze...ed altri sport, come il basket. Perchè Fabio Bazzani è fedelissimo alla Fortitudo Bologna, oltre ad esser stato centravanti di Sampdoria, Perugia, Venezia e Lazio - e ci fermiamo alla Serie A -, con tre match in Nazionale ed origini giovanili proprio alla Spal. Una lunga chiacchierata, interessante, con CalcioNapoli24.
Partiamo dagli inizi: calcio passione di famiglia?
"Direi di sì, sin da bambino giocavo nelle squadre dilettantistiche di Bologna: poi ho visto che era un po' più di una passione, c'era la voglia di fare qualcosa di importante ed il calcio è sempre stato nella mia testa e nel mio sangue. Da bambini tutti vogliono diventarlo, ma poi devi vedere se sei disposto a fare sacrifici. Sono contento di esserci riuscito"
Boca San Lazzaro, Sandonà fino al Venezia: quando hai capito che il calcio poteva veramente diventare un lavoro e non solo una passione?
"Al Boca ero ancora giovane, però mi approcciavo in maniera professionale: capii lì che il calcio ormai, oltre ad essere una passione, poteva diventare qualcosa di serio. Era quello che volevo fare da grande e l'ho capito perchè, pur giocando in Eccellenza o tra i Dilettanti, facevo dei sacrifici per cercare di arrivare in alto ed il più possibile. Non sapevo cosa potesse essere, però è stato in quel momento che ho capito che il calcio poteva essere più di un semplice divertimento"
L'importanza che ha avuto Serse Cosmi?
"Molto grande. Ad Arezzo nel 1999/2000 mi diede la possibilità di rimanere nel calcio a buoni livelli: venivo da un anno abbastanza negativo a Varese, reduce da un infortunio al ginocchio. Era un bivio, ma nell'annata con lui feci venti gol e si iniziò a parlare di me. Poi penso all'anno in cui mi volle fortemente al Perugia: non avevo esperienza, mi diede la maglia da titolare e grande fiducia. Cosmi è stato importantissimo, così come Novellino col quale sono maturato negli anni alla Sampdoria"
Gaucci invece aveva qualche dubbio sull'esperienza...
"Un dubbio lecito, dato che in Serie A avevo giocato soltanto due partite col Venezia. Ci poteva stare che avesse dubbi, ma Cosmi era sicuro e costante nel chiedermi. Gaucci si convinse, ho un ricordo positivo di lui: al di là dell'essere vulcanico ed umorale, capiva di calcio e da fuori se ne percepiva solo una parte. Aveva i suoi modi, ma era profondamente conoscitore del calcio. Tendenzialmente si generalizza quando si parla di lui"
Qualche frase ricorrente?
"Mi fece i complimenti dopo il gol all'esordio contro il Milan, ricordo una frase: per essere perfetto avrei dovuto perdere un chilo, un chilo e mezzo per essere ancora più asciutto e mobile. Ebbe ragione: lo ascoltai, cercai di mettermi ancora più in forma e ne ho tratto grossi benefici. Feci un ottimo campionato, lui notò una cosa che magari poteva sembrare una cavolata...poteva fermarsi ai complimenti, invece ricordo come se fosse oggi quando disse 'se vuole migliorare ancora, se riuscisse a perdere un chilo, un chilo e mezzo, potrebbe diventare ancora più agile vista la sua forza'. Ebbe ragione"
Se dico 'gemelli del gol'...
"La coppia Flachi-Bazzani a Genova, no? Sono stati anni bellissimi, con Francesco ho avuto una intesa importante ed un'amicizia che c'è fuori dal campo. Ci integrammo molto bene, facemmo ottime cose con un gruppo importantissimo guidato da Novellino. Con Francesco ci si trovava bene in campo, bastava uno sguardo per capirci"
Flachi l'ha definita compagno d'avventura: ha detto pure che nel calcio non si dice mai la verità altrimenti è tutto finito, d'accordo?
"Nel calcio tante volte bisogna saper mediare, vivere in situazione da gestire in quanto personaggio pubblico: non puoi sempre dire liberamente ciò che pensi. Devi farlo il più possibile, ma determinate situazione ti portano a pensare che puoi essere d'esempio. Non credo che non si dica sempre la verità, ma a volte si gestiscono certe situazioni invece di approfondirle"
8 settembre 2003, Sampdoria-Empoli: cosa successe? (Gol e sotto la maglia una t-shirt con un bambino che fa pipì sulla tomba della Virtus Bologna, appena fallita)
(ci pensa un attimo, ndr) "Vincemmo, segnai ed alzai la maglietta. Me la diedero i ragazzi della curva: l'80% in Italia non sapeva cosa fosse, a Bologna i giornalisti la misero in risalto perchè volevano fare notizia. Si è fatto un castello sopra una cosa puramente goliardica, come tante altre. Per me era un discorso del genere, se l'avessi messa ai tempi del Mezzolara in D non avrebbe dato fastidio a nessuno. Essendo al top, nel giro della Nazionale, diede fastidio a chi ci montò sopra un caso. Ci fu un grande clamore che per me non aveva senso d'esistere: fu un attimo di goliardia, a Bologna ce ne sono mille"
Eppure il tatuaggio dell'Aquila della Fortitudo Bologna Basket le ha causato qualche problema, per così dire, a Livorno...
"Non perchè fossi tifoso della Fortitudo, però devo ancora capire l'interpretazione che gli venne dato. Capii che c'erano dei problemi, c'erano dei tifosi che non erano contenti ma non so se per il mio passato alla Lazio oppure perchè pensavano al tatuaggio. Onestamente devo ancora capire, ma quando ho percepito che non erano questioni prettamente sportive chiesi a Spinelli di liberarmi nonostante un contratto praticamente firmato. Non mi sembrava il caso di affrontare un'avventura dove c'erano delle cose extra-campo: io ho i tatuaggi dei miei figli e della Fortitudo, non della Lazio"
E' stata la cosa più strana successa in carriera?
"Ci sta che un gruppo di tifosi possa non volere un giocatore: fosse stata una questione tecnica, avrei provato a smentire sul campo. Ma quando c'è qualcosa di extra-campo che non esiste...in quel momento non avevo bisogno di situazioni del genere, stavo recuperando da un infortunio. E poi per una questione di principio non sarei partito bene, ero stato attaccato senza senso: preferivo essere attaccato per questioni tecniche, non per un tatuaggio. Sono fatto così, vado a sensazione: preferii lasciare stare, sebbene Spinelli - e mi fece piacere - spinse per farmi cambiare idea. In questo momento, però, mi sembrava un modo di partire non proprio bello"
In percentuale, quanto hanno influito gli infortuni durante la carriera?
"Mi hanno limitato, sì. Tra Sampdoria e Livorno passai un periodo delicato, una doppia rottura del crociato: avevo bisogno di tempo e pazienza, per ritrovare la condizione in tranquillità. Quando a 29-30 anni hai una doppia rottura del legamento crociato, una dietro l'altra, c'è poco da fare: ci ho provato con tutte le mie forze, non avevo più la stessa gamba e la stessa forza. Non avevo più la stessa cattiveria: due crociati rotti in un anno e mezzo, nello stesso ginocchio, li senti. Mi hanno limitato, ma fa parte del gioco: non è colpa di nessuno. L'unico rammarico, magari, potrei averlo sul primo infortunio: rientrai abbastanza presto, stavo bene e la Sampdoria aveva bisogno dopo il ko di Bonazzoli. In quei momenti, dopo quattro mesi e mezzo, ti senti bene e vai. Giocai tre partite, ma io non vivo di rimpianti: se doveva andare così...ci sono stati giocatori ancora più sfortunati. Il destino del calciatore è anche questo, a qualcuno non capita ma niente piangersi addosso: io sono contento della carriera che ho fatto, se gli infortuni dovevano far parte del mio percorso allora si vede che doveva andare così"
La settimana dal 10 al 16 novembre 2003, con due presenze con l'Italia, è stata la miglior settimana da calciatore?
"Sicuramente, sebbene per me siano state delle comparsate: non posso dire di esser stato in pianta stabile in Nazionale, però esserci stato è il sogno ed il raggiungimento dell'obiettivo massimo. Vestire quella maglia, quando senti l'inno e hai la fortuna di giocare titolare...si racchiude un po' tutta la carriera. Fu una settimana fantastica, una esperienza indimenticabile: con la Polonia giocai uno spezzone, in casa con la Romania ad Ancona giocai dall'inizio. Ne feci anche un'altra con Lippi in Islanda, ma quella settimana fu la più importante"
Giovanili alla SPAL, prima squadra della SPAL ed esperienza allo stadio Mazza solo a fine carriera...
"Sono contento che sia tornata in Serie A: arrivai lì con la vecchia società, ho un bellissimo ricordo di quell'ambiente. Esserci tornato nell'ultimo anno da professionista, prima del Mezzolara, mi rese contento: mi sarebbe piaciuto tornare, anche se l'annata non fu tranquillissima visti i problemi societari che, due anni dopo, portarono al fallimento. E' un ambiente dove non si dice 'vado allo stadio' bensì 'vado alla SPAL': è una eccellenza ed una tradizione di Ferrara, ed il Mazza è uno stadio storico. Forse un po' vecchio, ma sicuramente di fascino. Quest'anno han fatto quasi tutti abbonati, c'è grande entusiasmo per il ritorno in Serie A: il Napoli si troverà uno stadio colmo di passione che vive la A come un sogno, ma gli azzurri sono abituati a tutti i palcoscenici...che siano di ottantamila tifosi oppure no. Per Ferrara e per i tifosi della SPAL rivedere certe squadre sarà una soddisfazione immensa, come i campioni che vedranno sabato: sarà uno spettacolo"
Da Flachi-Bazzani a...Mertens-Bazzani: avrebbe funzionato?
"Oddio, con Mertens credo che sarebbe difficile trovarsi male! (ride, ndr) E' un giocatore talmente forte e completo, fa la prima punta in un 4-3-3. In questo sistema di gioco la punta è lui, sugli esterni ci sono dei giocatori non certo dei centravanti come lo ero io. Avremmo dovuto giocare in maniera diversa, ma chi gioca con Mertens può solo trarne beneficio perchè è un giocatore che, cambiando ruolo, è diventato devastante. Il calcio è così: si infortuna un giocatore come Milik, ne va via uno come Higuain, vai a fare il centravanti per emergenza e scopri che quello è il ruolo che esalta al meglio le tue caratteristiche"
Per non cambiare schema, allora: Bazzani con Sarri...
"E' bravissimo, basta solo vede come ha cambiato in relazione al centravanti a disposizione: partito Higuain aveva Milik, infortunato Milik aveva Mertens. E' un allenatore che fa giocare benissimo la propria squadra, è un maestro nel creare situazioni a favore degli attaccanti. Gioca il miglior calcio d'Italia, con Sarri credo sarebbe difficile trovarsi male"
In tutto questo, alla fine, cosa lasciano tanti anni di carriera nel calcio?
"Enormi soddisfazioni, è un percorso di vita dove ci vuole grande forza caratteriale. Passi dal grande entusiasmo alla tristezza e alla depressione. Mi ha lasciato soddisfazione per la carriera che sono riuscito a fare, a bocce ferme dico che nel calcio arriva chi ha più carattere e chi riesce ad essere più equilibrato: il giochino è che non devi esaltarti e montarti la testa quando le cose vanno bene, così come non devi mai deprimerti quando va male. Chi riesce ad avere questo tipo di equilibrio ha più chance di 'arrivare' e 'rimanere'. Servono le qualità, certo, ma alla lunga questo discorso paga"
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