Bia: "Nel mio Napoli gli stipendi erano merce rara, ma facemmo un patto! Volevano dare Cannavaro in C. A Udine convinsi Zac a passare a tre dietro. Su Lippi, Bergkamp ed Eriberto..." [ESCLUSIVA]

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Bia: Nel mio Napoli gli stipendi erano merce rara, ma facemmo un patto! Volevano dare Cannavaro in C. A Udine convinsi Zac a passare a tre dietro. Su Lippi, Bergkamp ed Eriberto... [ESCLUSIVA]

Giovanni Bia parla in esclusiva ai microfoni di CalcioNapoli24.it ripercorrendo quanto accaduto durante la sua carriera da giocatore di Napoil e Udinese.

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Non è un caso che sia lui l’ospite della settimana di CalcioNapoli24.it. Napoli-Udinese è la sua partita. Prima di tutto perché ha giocato con entrambe le maglie, poi perché il suo primo goal in A lo segnò proprio al San Paolo, durante un Napoli-Udinese e lui indossava la 6 azzurra. Dal Parma di Scala, passando per il Napoli di Gallo e la volta che ha sfiorato la Juve. Tutto su Giovanni Bia, attuale manager di vari calciatori come Gian Marco Ferrari, Federico Ricci, Luca Cigarini e Daniele Dessena. 

di Fabio Cannavo (Twitter: @CannavoFabio)

Da parmigiano doc fai il tuo esordio in A proprio con la maglia del Parma. Ti senti tifoso di questa squadra? “Si, assolutamente sì. La mia infanzia l’ho passata al Tardini o anche in trasferta per vedere il Parma. Per me fu una soddisfazione enorme esordire con quei colori”.

Giovanni Bia intervista

A Perugia hai conosciuto un giovanissimo Ravanelli. Che personaggio era fuori dal campo? “Avevamo la stessa età. Lo sento tutt’oggi e questo significa che costruimmo un gran bel rapporto in quel periodo. Ragazzo d’oro davvero”.

Poi il ritorno al Parma di Scala. Tra Taffarel,Brolin e Grun. Che ricordi hai di quei campioni? “Io li ringrazierò per sempre, mi hanno formato anche dal punto di vista dell’aspetto umano dentro lo spogliatoio. Son stati insegnanti di vita per me”.

Possiamo dire che fu la stagione col Cosenza, nel 92/93, a far scattare l’interesse del Napoli per te? Dove e quando si accorsero che potevi fare al caso loro? “Sì, rimasero colpiti dal fatto che segnavo tanto per essere un difensore. Il Parma mi avvisò che c’era il Napoli e mi dissero che avrei potuto cogliere quell’opportunità e la colsi di corsa”.

Quando arrivasti in azzurro il presidente era Ellenio Gallo, che ricordo conservi di lui? Quel Napoli non navigava in ottime acque in quel periodo, dal punto di vista finanziario. “Fu un’annata particolare, gli stipendi erano merce rara. Non c’erano grandi risorse economiche nonostante ci fossero tanti campioni. Gallo si vedeva molto poco. Fu un peccato che poi tutta la squadra fu smantellata a fine stagione. Io poi andai all’Inter, Cannavaro al Parma, Ferrara alla Juve e Fonseca alla Roma”.

In panchina, invece, c’era Lippi che arrivò dall’Atalanta. Che allenatore era dal punto di vista umano e di campo? “Per le esigenze che c’erano e le varie difficoltà a livello societario, si creò un ottimo rapporto con l’allenatore. Fu il mio primo padre calcistico”.

Subito ti prendesti la 6 da titolare. Ti aspettavi più concorrenza? “Sì, sono stato fortunato ad arrivare al momento giusto con la predisposizione di Lippi. I miei concorrenti erano Nela e Corradini. Mi fu di grande aiuto Sebino Nela,non mi vedeva come un nemico, lui era a fine carriera e pensò a farmi crescere”.

Davanti a te giocava il primo Fabio Cannavaro. Ti aspettavi diventasse un Pallone d’Oro? “Pallone d’Oro forse no. Ricordo che il Napoli voleva darlo in prestito in C, ma lo trattenne Lippi. Aveva tanta dimestichezza col ruolo, andò tutto bene anche per lui quell’anno”.

E il goal di Paolo Di Canio in Napoli-Milan? “Partita meravigliosa, goal straordinario. Fu una partita equilibrata col vero Milan, non quello di oggi. Me lo ricordo benissimo, c’erano 85mila persone allo stadio. Poche volte ho visto un San Paolo così”.

Si dice che Di Canio sia stato un calciatore molto discusso dal punto di vista extracalcistico. Un episodio che ricordi di lui. “E’ una nomea che si porta dietro, ma non la condivido. A Napoli ho conosciuto un ragazzo tranquillo e sereno, anzi era molto attento alla disciplina e all’alimentazione”.

Chi era il leader di quella squadra? “Era Lippi, riuscì a prendere in mano una squadra importante e lui arrivava dall’Atalanta. Eppure entrò subito nelle nostre corde”.

Il tuo primo goal in A lo segnasti proprio in un Napoli-Udinese, un euro goal. Ci fai la radiocronaca di quell’azione? “Mi ricordo che ho un certo punto anticipai un attaccante a centrocampo, scambiai con Thern, poi arrivò una palla al limite dell’area, me la stoppai di petto e con un mezzo colpo di pallonetto feci un goal che entrò nell’incrocio dei pali. Vincemmo 2 a 1”. (video in allegato)

Quel Napoli arrivò in Coppa UEFA e per te arrivò la chiamata dell’Inter. Cosa ti spinse a lasciare Napoli? “Io ero di proprietà del Parma, però a Napoli facemmo un giuramento, vale a dire che saremmo rimasti tutti in azzurro se la società si fosse ristabilita dal punto di vista economico. Ma il Napoli non aveva possibilità di risalire la china e partimmo in tanto. Mi voleva anche la Juve che intanto prese Lippi, ero la prima scelta dei bianconeri. Al posto mio presero Montero a parametro zero dall’Atalanta. Io volevo la Juve a tutti i costi, ma il Parma non riuscì a trovare un accordo economico coi bianconeri e mi cedette all’Inter”.

Raccontaci il Bergkamp visto da vicino. “Dennis era un giocatore straordinario, aveva delle qualità particolari, ma quell’anno fece un campionato normale, da 6 o 6.5. Ragazzo eccezionale, ricordo aveva il terrore di prendere l’aereo. Ogni volta provava a non venire in trasferta, ma l’Inter l’ha sempre e puntualmente costretto”.

Poi il passaggio all’Udinese dove restasti per tre anni. Arrivaste terzi in A con Zaccheroni. Cosa accadde in quella stagione? “Anche lì c’era Zaccheroni che veniva dalla B. Avevamo un gruppo molto, cominciammo male, ma gli facemmo capire che saremmo dovuti passare a tre dietro perché altrimenti sarebbe rimasto fuori Marcio Amoroso. Io, Desideri e Calori ne parlammo col mister e il 3-4-3 di Zaccheroni è rimasto nella storia”.

Ma dicci un po’, tu che ci hai giocato assieme a Bologna, non notavi che Eriberto fosse più grande d’età? Si scherza…”No, assolutamente. Me lo ricordo bene. Io e Fontolan lo adottammo, arrivò dal Brasile da sconosciuto. Era il nostro figlioccio, era giovane in tutto, come comportamento e nella gestione della vita. Fu una grande sorpresa quando seppi che aveva un’età diversa. L’ho sentito la settimana scorsa, ho conservato un ottimo rapporto con lui”.

A chi senti di dire grazie per tutto ciò che sei riuscito a fare nel mondo del calcio? “Dico grazie alla mia famiglia, a mio padre e mia madre che m’hanno sostenuto durante i miei periodi difficili. A 17 anni mi son rotto due crociati, restai fuori un anno e sette mesi. Col loro apporto riuscì a rimettermi in sesto e non mollai”.

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