Si narra che, un giorno, due giovani bolscevichi chiesero a Lenin: “Come si fa la rivoluzione, compagno?”.
“Sognando”, rispose.
Domenica era il 22 aprile 2018, il quarantottesimo anniversario della nascita di Vladimir Il'ic Ul'jano, passato alla storia come Lenin. Il seme della rivoluzione d’ottobre era stato piantato. Domenica, un altro rivoluzionario, uno che sta cambiando il modo di intendere il calcio, Maurizio Sarri, stava compiendo l’ennesima impresa della sua ascesa azzurra. Perché la battaglia di ieri, durata 93 minuti in campo ma iniziata mesi fa, è stata una vera e propria guerra. E come ogni guerra, ciò che ne risulta non è così scontato come si crede, anzi…
Il Napoli non aveva mai vinto allo Juventus Stadium, solo pesanti sconfitte ed amari pareggi dal 2011. Sette, come il numero degli scudetti consecutivi se la Juve finisse prima, gli anni che i bianconeri tengono nella loro roccaforte, dove ondate su ondate di attacchi azzurri si sono inutilmente inflitti. Ed anche domenica, forse più che mai, la situazione sembra essere destinata a confermare quella che ormai era una regola: i bianconeri che difendono bene, sono stretti, e cercano di approfittare degli errori del Napoli per punire gli invasori. Eppure qualcosa è diverso: in campo scendono undici azzurri (e non blu grazie a Rocchi) che non temono l’avversario, anzi, e non sbagliano praticamente niente. Forse il fatto di non avere nulla da perdere, dato che il secondo posto è praticamente blindato, al contrario dei padroni di casa, che senza lo scudetto potrebbero parlare di stagioni fallimentare, ha inflitto sul morale della truppa azzurra. Gli ospiti offendono con qualità e caparbietà, ma senza mai, come è successo spesso nei precedenti scontri con la Juve, commettere imperdonabili errori che trasformano una assedio eroico in un grottesco attacco kamikaze.
I numeri saranno impietosi. La Juventus non tirerà neanche una volta nello specchio presidiato da Reina, il Napoli costringerà Buffon agli straordinari tre volte, la quarta sarà fatale. Il 60% delle volte la sfera è toccata dagli uomini di Sarri, che commettono sette falli in più degli avversari ma prendono un solo cartellino rispetto ai tre bianconeri: forza, agonismo e cattiveria, quella giusta, quella che è bella vedere nello sport. Il Napoli non è solo bello, è efficace, malgrado il gol arrivi solo al 90’, gli azzurri danno l’impressione di poter segnare, come infatti è accaduto. Un confronto semplicistico ma comunque esemplificativo: Benatia è stato il giocatore che ha fatto più passaggi nella Juve, 67. Nel Napoli sarebbe terzo dopo Jorginho (113) e Koulibaly (75), a pari merito con Hysaj.
Ed ora? Ora le cose non si fanno più facili, al contrario di quanto si pensi. Malgrado il distacco si sia ridotto ad un solo punto, questo non fa altro che rendere tutto più complesso. Certo, la Juventus non è in un buon momento: l’uscita dalla Champions, il pareggio a Crotone ed ora la pesante sconfitta in Serie A contro i nemici giurati del Napoli, tra l’assordante silenzio del pubblico dopo la poderosa incornata vincente di Kalidou Koulibaly. E chissà che questa rete al 90’, come quella di Zaza che all’88’ spezzò il Napoli, non possa aver definitivamente affossato il morale bianconero. Ma ciò che è più rischioso, però, è quello che questa vittoria potrebbe causare al Napoli. Vincere aiuta a vincere, ma non sempre. Il punto di distanza resta e le prossime avversarie faranno di tutto per bloccare il cammino del Napoli, dato che così funziona il calcio. Inter, Bologna, Roma e Verona potrebbero rappresentare insidie nascoste per Allegri, ma anche Sarri deve fare attenzione: con lui, ad esempio, il Napoli non ha mai vinto a Firenze. Quindi il Torino, la Sampdoria ed il Crotone. Il palazzo non è ancora caduto, ma trema. Perderlo ora, a causa di un proprio errore, sarebbe doppiamente avvilente. Citando di nuovo Lenin, che tanto è caro al tecnico azzurro:
“Non giocare mai con l'insurrezione! Ma quando la si inizia, mettersi bene in testa che bisogna andare sino in fondo”.
di Antonio Anacleria - Twitter: @NinoAnacleria
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