Quando c’è da preparare il terreno per gli addii in casa Napoli, la sceneggiatura proposta dal presidente Aurelio De Laurentiis vede sempre il protagonista sottoposto ad una serie di dichiarazioni che tendono a metterlo sotto una luce diversa, come se fosse quest’ultimo a doversi mettere nella posizione di essere additato come l’uomo cattivo.
Nessuno è esente da questo trattamento, che potremmo addirittura definire ‘trattamento Aurelio’, sulla falsariga del ‘trattamento Ludovico’ reso famoso ed immortale da Kubrick in Arancia Meccanica.
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Non è stato immune Lorenzo Insigne, messo alla porta mesi fa con determinate parole:
“Se vuole terminare la sua carriera a Napoli, lo accoglieremo a braccia aperte, altrimenti se pensa che il suo percorso qui sia concluso, ce ne faremo tutti quanti una ragione”
Non lo è stato nemmeno Kalidou Koulibaly, che a Napoli potrebbe commettere le amenità peggiori e passare comunque per innocente, vista la sua statura umana prima ancora che calcistica. Diceva così, poche settimane fa, DeLaurentiis:
"Koulibaly è un simbolo del Napoli, se non vuole più esserlo deve deciderlo lui. Ognuno ha la propria dignità e delle proprie esigenze”
Non c’è due senza tre, perchè anche Dries Mertens è stato accostato allo stesso Koulibaly a Palazzo Petrucci:
“Dipenderà solo da loro se la vile moneta è l'unica cosa che li può appagare, oppure vivere a Napoli in un contesto unico potrà essere un privilegio. Altrimenti non mi riguarderà più”
Per entrambi è la seconda nomination al Trattamento Aurelio: Mertens con Callejon venne sottoposto a questa dubbiosa linea comunicativa nel 2019 (salvo poi rinnovare in extremis a pandemia in corso all'Hotel Britannique, la casa napoletana di De Laurentiis):
“Se qualcuno vuole andare a fare le marchette in Cina perché strapagato per vivere due o tre anni di merda, è un suo problema. La Cina è lontana. Se loro la considerano vicina, a un certo punto sono problemi loro che non mi riguardano. Nella vita bisogna scegliere se essere contenti e lavorare per quello che ti piace fare o solo per soldi. Per me i soldi sono un mezzo e non un fine”
Sarà stato pungente? Chapeau. Sarà stato gentile? No. Parere di De Laurentiis? Amen.
Volendo obiettare nei modi più spicci, alle parole di De Laurentiis si può sempre dire che lo stesso patron è di casa a Roma e non a Napoli, a meno che non venga spostata a Castel Volturno la sede della Filmauro (cit). Però fa però impressione notare un fil rouge che coinvolge i simboli tecnici del Napoli - Insigne, Mertens e Koulibaly assieme ci sono dal 2014, e resteranno nella storia del club a lungo -: quando si avvicina il momento di mettere in mezzo il contratto in scadenza, oneroso sì ma sempre controfirmato da De Laurentiis, i soldi diventano vile moneta, il mezzuccio per metterli elegantemente alla porta.
Restare sì, ma alle condizioni - economiche - poste dal presidente. Fa sorridere, evidentemente a firmare i contratti c’era una controfigura cinematografica:
“Si fa molto spesso del sentimento più che della ragione l'approccio a determinati problemi […] lo Scudetto che lo vince il Milan con 40 milioni in meno di stipendio rispetto a noi, vuol dire che siamo andati fuori giri. Dobbiamo tornare alla regola che ci ha fatto da guida in tutti questi anni”
La stessa regola, peraltro, l’ha stabilita sempre De Laurentiis, anche quando ha rifiutato offerte a tre cifre per Kalidou Koulibaly. Colui che dovrebbe accettare ingaggi al ribasso soltanto perchè vive a Napoli.
Almeno Insigne e Mertens sono stati gentili, non hanno mai portato offerte di vile moneta per i loro cartellini. Uno ha tolto il disturbo a parametro zero, l’altro potrebbe seguirlo. Perchè Napoli potrà pur essere un plusvalore, ma con la vista del golfo non si mette il piatto a tavola. Parlando in modo vile, s’intende.