di Fabio Cannavo (Twitter: @CannavoFabio)
“Ebbene: degli insulti abbiamo detto all’inizio (vergognosi). Ma i fischi sistematici — di cui il San Paolo ha il primato, certo non l’esclusiva — non ci piacciono. Sostenere la propria squadra non significa disprezzare o umiliare gli ospiti. Uno stadio che fischia ogni possesso di palla avversario dimostra insicurezza, non forza. Proviamo a tifare col cuore e a ragionare con la testa, per una volta: si può fare”.
Si chiude così il pezzo sul Corriere della Sera dell’ormai noto Beppe Severgnini, giornalista che ha provato ad inserirsi nella vicenda tra Mancini e Sarri condannando i tifosi azzurri rei di fischiare sistematicamente gli avversari al San Paolo. Dalla settimana prossima, caro Dott. Severgnini, applaudiremo l’Empoli, il San Paolo lo sosterrà con cori e dedicherà a Maccarone e Saponara le sue coreografie in curva. Ma di cosa parliamo? Evidentemente il collega non è mai entrato in un campo di calcio. E non ci riferiamo ai grandi stadi, basta andare a seguire un match di Interregionale per farsi un’idea. Col tempo, per fortuna, l’idea di Mancini di destabilizzare l’ambiente Napoli, è andata scemando grazie anche alla decisione di Tosel che non poteva far finta di nulla ed ha ‘accontentato’ il tecnico nerazzurro con due giornate di squalifica a Sarri in Coppa Italia. Mossa sbagliata. Adesso Mancini, in cambio di due giornate di squalifica al collega, indosserà la maschera del vero e proprio finocchio in ogni stadio d’Italia e d’Europa. Harakiri.
IL COLLEGA DI CULTURA E RELIGIONE – Torniamo al Corriere della Sera e al suo redattore che mai avrà visto una partita di calcio. Come si può introdurre in un editoriale una frase del tipo ‘lo stadio che fischia dimostra insicurezza, non forza’? Da che il mondo è mondo in ogni stadio d’Italia si fischia al possesso palla degli avversari. E’ una delle poche armi che è rimasta agli ultras di poter mettere in difficoltà gli avversari pur restando sugli spalti. Eppure non ci sembra che la tifoseria napoletana abbia consigliato al Po di fare una strage a Torino, oppure abbia chiesto al Bisagno (fiume di Genova) di concedere il bis, al Tevere di straripare o l'Arno di inondare Firenze dopo 50 anni. Sono questi i punti su cui un neutrale scrittore deve porre l’accento. “Vesuvio lavali col fuoco” non ha la stessa valenza di un fischio all’avversario. Chi va allo stadio è libero di esprimersi come e quando vuole. Nei limiti dell’educazione e nel rispetto delle regole. Ma per Severgnini un fischio equivale ad un ‘wash it’. Corriere della Sera, nazionale eh. Mica un quotidiano di quartiere…
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