"Juan Jesus sbaglia tre volte", non esiste campanilismo se si parla di razzismo

Editoriale  
Juan Jesus e AcerbiJuan Jesus e Acerbi

I presunti insulti razzisti di Acerbi a Juan Jesus dividono ancora una volta, tra campanilismo e corsa alla condanna da parte di chi invece dovrebbe affrontare una tematica ben più delicata

Il caso dei presunti insulti razzisti proferiti da Acerbi a Juan Jesus continua a far discutere: dopo le accuse del difensore del Napoli, è arrivata la replica del nerazzurro che ha suscitato un'ulteriore reazione del brasiliano. Un botta e risposta che sarà analizzato dalla Procura Federale dopo la richiesta di supplemento d'indagine disposta dal Giudice Sportivo.  

L'episodio, come sempre, ha immediatamente dato il via a numerosi schieramenti nonostante ci sia ancora da accertare il reale andamento: la questione del razzismo ha lasciato spazio alla fede calcistica che è esplosa sui social, dimostrando come in questo paese non si riesca ad avere un pensiero scevro dai colori del cuore.

Acerbi-Juan Jesus, un racconto distorto 

Sulla questione si è espresso anche Giancarlo Dotto su La Gazzetta dello Sport in edicola da questa mattina. Andiamo a riportarne un estratto: "rispettato da compagni e avversari, zero stravaganze e nessuna sindrome delirante. Serenità e normalità non sempre bastano, in certi casi vanno incendiate dal coraggio. Tra domenica sera e ieri Jesus ha sbagliato tre volte"

  • la prima quando s’è limitato a confessare all’arbitro il fattaccio
  • la seconda, quando per stravincere da Re Magnanimo, ha preteso di assolvere l’eventuale peccatore dopo averlo denunciato, alias nascondere lo sporco sotto il tappeto, nel nome della vecchia regola mafiosetta «sono cose di campo»,
  • la terza ieri sera quando ha raccontato nei social, evidentemente stizzito dalle reiterate negazioni di Acerbi, quello che avrebbe dovuto dire la sera prima davanti alle telecamere.

Partendo dal presupposto che ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero, ad oggi ci troviamo di fronte ad un'unica certezza: la parola di Juan Jesus contro quella di Acerbi. Per tempistiche e motivazioni il "racconto" del difensore nerazzurro appare decisamente più fallace rispetto a quello del napoletano, ma prendere una posizione decisa su chi sbaglia o chi ha ragione ci sembra anacronisticamente scorretto. Tantomeno se si tratta di un quotidiano Nazionale che dovrebbe essere superpartes e non trascendere in un campanilismo che ha lasciato sbigottiti i più per la terminologia utilizzata. 

Parlare di "triplice errore" di chi, al netto di smentita, ha denunciato di aver subìto un insulto razziale, non fa altro che alimentare un dibattito che invece ci allontana dal nocciolo della questione: nel calcio italiano, così come nel nostro paese, esiste un problema gigante chiamato razzismo. Che sia questo il caso oppure no (ripetiamo, lo decideranno gli organi predisposti e non le fazioni social o la stampa), leggere commenti del genere dal primo quotidiano sportivo d'Italia, viene percepito come l'ennesimo tentativo maldestro di nascondere ancora una volta l'elefante nella stanza. 

Juan Jesus non è stato "Re Magnanimo", né tantomeno si è stizzito per le "reiterate negazioni di Acerbi", ha semplicemente fatto sentire la sua voce perchè convinto di aver subìto una porcata che nel 2024 dovrebbe essere condannata a tutte le latitudini. Far passare come errore la denuncia (in qualsiasi modo arrivi) per combattere il razzismo è quanto di più deleterio si possa raccontare ai lettori.

Ora la palla passi alla Procura Federale per trarre le definitive conclusioni che, a prescindere se sarà la parola di Juan Jesus o quella di Acerbi ad avere ragione, non ci si allontani dall'unico focus che merita di essere analizzato: il razzismo c'è e va combattuto qui e ora. 

Juan Jesus e Acerbi
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