"De Magistris s'è rimangiato l'accordo, mi vien voglia di vendere i giocatori. Il San Paolo è un cesso, me lo dovrebbero dare gratis! Se entro il 31 ottobre se non ho una convenzione ponte, il 2 novembre dichiarerò il de profundis del San Paolo con la morte nel cuore e mi vado a cercare un terreno e vado a costruire subito. Basta che faccio un fischio e cento industriali napoletani mi troveranno un terreno" - Aurelio De Laurentiis, 30 settembre
Ce n'è voluto di tempo, ma finalmente la parola 'cesso' abbinata allo Stadio San Paolo è stata sdoganata. Era ora, per una struttura vecchia, fatiscente e che cade a pezzi, che ci si esponesse così apertamente e si dicesse l'esatta situazione delle cose. Uno stadio in cui chi scrive ha potuto, purtroppo, 'ammirare' una madre che faceva fare i bisogni alla propria figlia nei pressi della tribuna stampa (in quanto i bagni, per le donne, non esistono), oppure degli escrementi animali sulle scale che portano ai sediolini della tribuna Posillipo come si può notare nella foto allegata. Una struttura obsoleta e costruita con i piedi, se pensiamo ai parcheggi fatti per i Mondiali del 1990, mai aperti e diventati rifugio di fortuna per i senza tetto.
E pensare che è dall'inizio dell'anno che si parla insistentemente del restyling dello Stadio San Paolo: già da gennaio i tre interpreti della lunga telenovela - il presidente del Napoli De Laurentiis, il sindaco di Napoli De Magistris e l'assessore allo sport Borriello - hanno rilasciato dichiarazioni su dichiarazioni. Si è iniziato il 16 gennaio con De Magistris ("Spero che in estate possano anche cominciare i lavori di ristrutturazione. Non è vero che i rapporti con il presidente De Laurentiis non sono buoni: abbiamo entrambi due personalità forti e dunque a volte può capitare di essere in disaccordo"),
Si è continuato il 5 marzo con De Laurentiis ("Sono pronto ad investire i miei soldi, iniziando i lavori del San Paolo già il prossimo 1 luglio [...] non mi metto a costruire nuove strutture per farmele distruggere"), il 24 aprile con De Laurentiis ("Entro poche settimane ho preso l'impegno con De Magistris di portargli un piano per rifare lo stadio"), il 30 aprile con De Magistris ("Aspetto il progetto, per noi i lavori devono cominciare in estate!"), passando poi per i primi scricchiolii il 22 giugno a causa dei concerti, segnalati da De Laurentiis ("Sono pronto per il progetto San Paolo, ma sto pensando: m'incontro o no con il Comune? Ne vale la pena? Tutto questo entourage mi pare che remi contro il Napoli") e la risposta piccata di De Magistris nella stessa giornata ("De Laurentiis per un momento forse ha pensato di interpretare la parte del prossimo film di Natale: questa non è la Filmauro, questa è la città di Napoli. Rispettiamo i patti, vogliamo uno stadio dove si possano fare anche i concerti e anche altro. Se uno si vuole sfilare non usi pretesti inutili, sia franco e chiaro"). Infine il 10 luglio, con De Magistris ("San Paolo? Sono abbastanza stanco di chiacchiere e ho voglia dei fatti. Il Napoli ha presentato il progetto e ha chiesto tempo per presentare il piano economico e finanziario entro il 15 luglio"), qualche settimana dopo gli incontri tra De Laurentiis e l'architetto Zavanella, lo stesso dello Juventus Stadium. Per chiudere, in bellezza, con l'assessore Borriello in data odierna ("Zero possibilità che De Laurentiis lasci il San Paolo, ma 20 milioni per 99 anni sono pochi! Ci incontreremo il 7 ottobre")
Sostanzialmente, è difficile dare la totale ragione da una parte o dall'altra: De Laurentiis, tante volte, ha voluto quasi 'usare' la situazione cittadina non perfetta a suo vantaggio, facendo leva sui risultati conseguiti dal suo Napoli in Italia ed in Europa, tra trofei vinti e partecipazioni consecutive alle competizioni europee. D'altro canto, è pur vero che la convenzione al momento in atto prevede che il Napoli 'ottenga' il San Paolo soltanto nel giorno della partita, mentre negli altri giorni ritorna sotto il controllo del Comune con la società azzurra 'esclusivista' di alcuni spazi della struttura come il terreno di gioco e gli spogliatoi. La questione sulla struttura di Fuorigrotta, utilizzata anche da altre associazioni sportive, ha interessato non solo il canone d'affitto che il Napoli, annualmente, deve pagare al Comune ma anche la quota sulla pubblicità relativa ai tabelloni. Nonchè i lavori di ristrutturazione, da sempre motivo di scontro, con bagni inutilizzabili perchè otturati oppure muri friabili per chi ha il 'privilegio' di camminare nel fossato che divide il terreno di gioco dagli spalti.
Oggi, con le parole dure di Aurelio De Laurentiis, abbiamo assistito all'ennesimo tentativo di strappo tra le parti. Strappo che non arriverà, certo: il Comune non ha né la forza né la voglia di investire nello stadio San Paolo, e non ritiene accettabile il poter 'vendere' l'intera struttura per 99 anni a soli 20 milioni di euro a prescindere dalle condizioni strutturali fatiscenti. Ma lo stesso De Laurentiis, mettendo da parte le minacce di un nuovo stadio da costruire in un'altra zona (disse già di volerlo costruire a Caserta, stavolta ha parlato di cento industriali napoletani che gli troverebbero un terreno con un fischio), paradossalmente si stringe ancora di più ad un San Paolo sempre più in bilico. Come la pazienza di chi, per troppi anni, ha sentito tante parole, tante promesse, e ha visto pochi, pochissimi fatti. E anche qualche cedimento strutturale di troppo. Per fortuna che la parola è stata sdoganata, perchè il San Paolo è davvero un grande cesso. Il grande cesso della discordia.
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