Undici metri e pochi istanti, un gesto tecnico da fuoriclasse, una delle rare volte in cui è il portiere a fare il miracolo e non chi calcia dal dischetto a sbagliare. Rafael si stende alla sua destra, allunga il braccio di richiamo, quello sinistro, e respinge un pallone indirizzato nel sette, poi niente corsa verso la panchina o verso i tifosi, si inginocchia prega e prega in fretta, visto che i compagni stanno arrivando a sommergerlo di abbracci per avergli regalato la Supercoppa. Undici metri e pochi istanti per passare dalle stalle alle stelle, da ranocchio a principe, da brutto anatroccolo a cigno...ma no, non ci siamo troppo poco tempo e troppo poco spazio perchè possa avvenire un cambiamento del genere. Impossibile? No, è proprio quello che è avvenuto. Quel ranocchio che non usciva mai dai pali è diventato il principe della sua area di rigore, quel brutto anatroccolo che non compie mai la parata che salva il match è adesso il cigno che respingendo un pallone ha regalto un trofeo ai suoi. E' il bello ed il brutto del calcio, l'affascinante paradosso di questo sport, è la cieca incoerenza dettata dalla sfrenata passione. Il tifo partenopeo non ha regole, non ha vincoli, è istintivo, carnale...è un amore che non chiede perchè desidererebbe, ma un amore che pretende perchè ripone in una squadra, speranze, attese, rivalse. Un mese fa piovevano critiche, oggi al San Paolo a piovere sono gli applausi per Rafael che mostra fiero la Supercoppa ai tifosi stringendola tra i suoi guantoni. Nella vita si lavora e si suda tantissimo per costruire qualcosa che poi si distrugge in un niente e per niente. Viva il tifo partenopeo in cui succede l'opposto...in undici metri e pochi istanti.