Il giornalista di AS Mirko Calemme attraverso i social ha salutato l'addio di Kvara ricordando le cifre che aveva proposto il Napoli per il rinnovo:
Il finale è stato brutto, come accade spesso quando le storie sono intense. Kvara da oggi è il passato. Così è la vita e così è il calcio, che va sempre di fretta. Se è finita, e soprattutto se è finita così, è perché da qualche parte si è sbagliato. Ma gli errori, quando ci si separa, di solito non sono da una parte sola. Nei disastrosi dodici mesi post scudetto il Napoli ne ha commessi tanti e nel lungo elenco c’è anche non aver rinnovato subito l’accordo con la sua stella più luminosa. Poi, però, ha cercato di rimediare.
Da oltre sei mesi, a Kvara e ai suoi agenti è stato proposto un contratto d’oro: 6.5 milioni più bonus, ricchissime commissioni alla firma, clausola da 75. Intorno a lui, un progetto con Antonio Conte al comando, che ha dimostrato subito di poter essere molto ambizioso. C’erano, insomma, le condizioni per proseguire insieme, serenamente, almeno un altro anno. Magari con un’altra stagione indimenticabile, per poi salutarsi con tempi e modi diversi.
Kvara ha preferito invece mutilarlo, questo finale. Ha spinto (o meglio, lo ha fatto chi lo rappresenta) per andar via senza salutare e alla fine ci è riuscito a gennaio, con mezzo campionato ancora da giocare, lasciando la squadra e la città senza le sue magie nel peggior momento possibile. Forse il Napoli potrà fare a meno di lui, lui potrà senz’altro fare a meno di Napoli, almeno all’inizio. Poi, magari, capirà che la squadra che l’ha reso grande meritava un addio diverso. Lo farà quando la città lo avrà già perdonato. Ma forse la città lo sta già facendo.
Troppo bello, troppo grande, troppo importante il pezzo di strada vissuto insieme. Il missile col Monza. La manita alla Juve. Le finte alcooliche con l'Atalanta. Le bandiere georgiane. I dribbling ora ciondolanti, ora esplosivi. Quel cognome impronunciabile che ora sanno leggere, scrivere e recitare pure i cani. Il suo volto timido, comune, pulito, in ogni angolo della città. Ricordi che resteranno, pure se il finale è stato quello che è stato. E allora oggi, invece di puntare il dito contro lui o contro il club, il tifoso napoletano deve celebrarli.
La storia del primo scudetto senza Diego è iniziata quando arrivò da un paese lontano un calciatore che non conosceva nessuno. Tra un po’ di tempo, nemmeno troppo, sarà questo ciò che si ricorderà quando qualcuno nominerà Khvicha. Perché “chi ama non dimentica” e sa pure scordare ciò che non serve. E a cosa servono il rancore e la rabbia? Buona fortuna, allora. A Khvicha, che dovrà illuminare il Parco dei Principi. Al Napoli, che dovrà imparare a brillare senza di lui. Ho la sensazione che ce la faranno entrambi.