La forza delle idee, la duttilità tattica, l’arguzia, la novità. Si è detto tanto di Carlo Ancelotti e della vittoria di ieri ottenuta dal Napoli contro la Fiorentina. Partiamo dalla base: Ancelotti in carriera qualcosina l’ha fatto, e non solo esclusivamente grazie alla qualità immensa dei calciatori avuti a disposizione. Fa ciò che ritiene più idoneo, almeno nella sua mente.
Basta col Sarrismo, basta con i meccanismi automatici. Basta, ormai il suo interprete (il termine ‘comandante’ è orrido) è da un’altra parte ed il suo modo di comportarsi lo sappiamo. Adesso c’è Ancelotti e c’è un altro modo di pensare il calcio che abbraccia diverse visioni. Tatticamente il Napoli è molto più camaleontico di quello dell’ultimo triennio: la stagione in fin dei conti è iniziata da poco meno di un mese, eppure nel giro di quattro partite abbiamo già avuto modo di vedere tanti schemi:
Se Sarri era il volto di una squadra automatica che se ne fregava poco o niente di cambiare, Ancelotti ha già cambiato faccia più volte. Perché in fondo conta vincere, a sentir parlare i tifosi, ed il giocare bene aiuta, sì, ma non è la priorità (a differenza di ciò che si diceva fino a qualche mese fa: come si cambia con il tempo). Però c’è un appunto da fare. Per favore, non si parli di Ancelottismo: è un termine altrettanto orrido, e meriterebbe di essere messo subito in un cassetto a marcire.
di Claudio Russo - Twitter @claudioruss
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